Paolo Scheggi

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La ricerca di una nuova spazialità e l’indagine sulla percezione sono al centro delle opere che Paolo Scheggi (Firenze, 1940 – Roma, 1971) realizza tra gli anni Sessanta e Settanta. Attraversando campi disciplinari diversi, dall’architettura alla moda, Scheggi parte dalle premesse di Lucio Fontana realizzando i primi dipinti monocromi e al tempo stesso maturando, come l’artista italo-argentino, l’idea di un’espansione “ambientale” dell’opera, non più relegata alla superficie bidimensionale ma articolata e integrata nello spazio.

Nel 1966 una mostra alla galleria Arco d’Alibert a Roma riunisce le opere di Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani, alle quali il critico Gillo Dorfles attribuisce la definizione di “pittura-oggetto”: pur riferendosi alla dimensione del quadro, le ricerche di questi artisti sono accomunate dalla trasformazione della tela, che non è più semplice supporto per la stesura pittorica ma elemento strutturale, non più superficie ma appunto oggetto che rivendica la sua tridimensionalità. In tal senso sono esemplificative le Intersuperfici che Scheggi realizza dalla metà degli anni Sessanta, tra le quali Intersuperficie curva del 1967 realizzata a monocromo blu. Costituiti dalla sovrapposizione di tele, questi lavori sono caratterizzati da una modularità rigorosa e da una serie di aperture circolari che, risultando sfasate tra un piano e l’altro, provocano un senso di instabilità ottica. Con le Intersuperfici Scheggi sperimenta la relazione tra diversi livelli di spazialità: nella particella “inter” si nasconde l’idea di attraversamento, dello sguardo e dell’opera stessa, che interagisce in modo inatteso con lo spettatore, attivando le sue facoltà percettive. Lo stesso prefisso sarà utilizzato dall’artista per i suoi interventi di carattere ambientale, tra cui l’Intercamera plastica del 1967, che sancisce il punto di approdo nel processo di conquista dello spazio.

L’opera non è più un oggetto da guardare ma un’esperienza da vivere: le opere di Scheggi si presentano come “operazioni spaziali dove lo spazio non è più inteso come luogo reale e logico, ma come campo la cui caratteristica essenziale è di trasformare le forme da puri concetti in ‘concetti spaziali’, che definiscono lo spazio costituendosi in esso come elementi di coordinazione della nostra esistenza”, scrive Germano Celant nel 1966. A Napoli Scheggi è presente in due importanti occasioni: nel 1969 la Modern Art Agency gli dedica una mostra in cui sono presentate le sue Intersuperfici curve, mentre nel 1974 la galleria Il Centro espone le sue opere, rendendo omaggio all’artista prematuramente scomparso.

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Intersuperficie curva, 1967

Attualmente non esposta.