Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, Tristanoil, 2012. Collezione Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee, Napoli. Donazione dell’artista. Foto © Amedeo Benestante. | Nanni Balestrini, Tristanoil, 2012. Collection Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee, Napoli. Gift of the artist. Photo © Amedeo Benestante.

Nanni Balestrini (Milano, 1935 – Roma, 2019) è un autore letterario, un artista visivo e uno sperimentatore delle relazioni tra parole, testi e immagini. Sin dagli anni sessanta, Balestrini ha partecipato ai movimenti più radicali nel campo dell’avanguardia letteraria e nell’ambito del pensiero politico. Membro del gruppo dei poeti “Novissimi” è stato tra i fondatori del “Gruppo 63”, un movimento che riunì autori come Renato Barilli, Achille Bonito Oliva, Furio Colombo e Umberto Eco all’insegna del desiderio di rinnovamento della cultura italiana.
Nel 1963 Balestrini compose la prima poesia realizzata con un computer, individuando quelli che saranno i punti cardine del suo lavoro e di cui l’opera Tristanoil è un compendio ideale: l’esplorazione delle relazioni tra creatività, intenzionalità e casualità, l’analisi dei linguaggi dell’informazione, la riflessione su mass media e tecnologia.
Tra i fondatori, nel 1968, del gruppo Potere operaio, Balestrini ha sempre lavorato sull’idea che la sperimentazione linguistica potesse diventare uno strumento di comprensione critica della realtà e un mezzo di emancipazione individuale. In questo senso materiali prelevati dalla comunicazione quotidiana – come articoli di giornale o pagine pubblicitarie – generano nuovi significati attraverso il collage, grazie al quale le parole diventano immagini e i messaggi sono trasformati. Questa tensione tra testo e immagine affonda le radici in una linea di ricerca che unisce la poesia di Stéphane Mallarmé, l’inclusione della parola nella pittura cubista e futurista, il collage di denuncia sociale di Kurt Schwitters e Hannah Höch, la poesia e il cinema surrealisti.
Presentato a dOCUMENTA (13) a Kassel nel giugno del 2012 e presso il Museo Nitsch a Napoli nella primavera del 2013, Tristanoil è il film più lungo della storia perché virtualmente infinito: il suo sviluppo è generato da un computer che assembla, con sequenze sempre differenti, 139 brevi filmati della durata di un minuto ciascuno. Il sistema informatico preleva a caso dieci elementi da un gruppo di venti e li organizza in capitoli che non sono mai uguali gli uni agli altri. Se questo sistema combinatorio è aleatorio non lo sono le immagini che compongono questa epopea visiva: il tema di Tristanoil è la distruzione del pianeta attraverso il saccheggio delle sue risorse naturali, di cui il petrolio è il simbolo principale. Il materiale di partenza del film proviene da fonti già esistenti: sequenze del famoso serial televisivo Dallas si sovrappongono a reportage televisivi su disastri ambientali recenti, mentre immagini di scambi borsistici e resoconti di guerre globali sono immerse nei riflessi di un mare vischioso di petrolio. Anche il sonoro del film è il risultato di un processo combinatorio di suoni, tra i quali emerge la voce di Balestrini che legge frammenti del suo romanzo Tristano, pubblicato nel 1966 da Feltrinelli.
L’ambizione di quest’opera letteraria era quella di sfruttare la tecnologia di un calcolatore elettronico (il prototipo degli odierni computer) per combinare un medesimo testo di base e generare un libro di cui non esistesse una copia uguale all’altra. Il sogno di contrastare la stampa come tecnica di riproducibilità infinita si scontrò con i limiti delle tecnologie allora disponibili, che non rendevano possibile il fatto di avere copie uniche dello stesso libro. Solo nel 2007 la stampa digitale ha reso possibile la pubblicazione di Tristano nella sua forma originaria, quella di un libro che nega il meccanismo della riproducibilità meccanica e che avvicina l’oggetto-libro alle forme della natura.

AR