Formatasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli con Giovanni Brancaccio, Rosaria Matarese (Napoli, 1941) si indirizza fin dall’inizio della sua ricerca verso una pratica polimaterica, che comprende l’inserimento di oggetti, quali reperti di mare e scatole di polistirolo, in una pittura densa di matrice informale.
Dalla metà degli anni Sessanta Matarese realizza le prime strutture praticabili, partecipando alle tendenze oggettuali a sfondo ludico-ironico che caratterizzano le contemporanee creazioni di Baldo Diodato, Enrico Bugli, Lucio Del Pezzo, Mario Persico – con cui l’artista condivide anche l’esperienza di Linea Sud – e inaugurando un fecondo dialogo con i maggiori esponenti della Poesia Visiva a Napoli, fra cui Luciano Caruso e Stelio Maria Martini.
È in questi anni che Matarese partecipa a importanti mostre collettive quali Luna Park a Firenze nel 1965 (con il Gruppo 70) e L’arte è un gioco alla Galleria Tunnel di Roma nel 1966. Seguirà, nel corso dello stesso decennio, la realizzazione di quelle che l’artista definisce “strutture-spettacolo”, installazioni che invitano a una fruizione attiva e nelle quali si incontrano pratiche diverse (assemblaggio, pittura, collage, inserti di frammenti testuali), per poi tornare al medium pittorico nel corso degli anni Ottanta, con una rinnovata attenzione nei confronti di quelle stesse tematiche già affrontate negli anni delle grandi rivoluzioni sociali.
La mescolanza di materiali e tecniche diverse caratterizza anche Alzati e disegna un mondo nuovo, opera realizzata nel 1965, entrata a far parte della collezione del Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania. Continuando sulla linea della sperimentazione avviata negli anni precedenti, Matarese si avvale della contaminazione tra parola e immagine per costituire cortocircuiti visivo-linguistici che sollevano l’attenzione sui grandi cambiamenti sociali in corso, in particolare una nuova centralità attribuita al corpo, la liberazione dai tabù della società repressiva e di conseguenza un più problematico rapporto tra sesso e religione.
La scritta “idoli”, accompagnata dallo slogan “una nuova splendida offerta”, sottolineano in particolare come alle dinamiche consumistiche si accompagni l’affiorare di nuovi modelli culturali. Chiunque, specchiandosi, può diventare “idolo” della nuova società, accettando l’imposizione dei nuovi canoni, o meno. Ai messaggi frammentati, che rivelano la vicinanza di Matarese alle pratiche della poesia visiva, corrisponde l’invito, racchiuso nel titolo, a “immaginare un mondo nuovo”, pochi anni prima della rivoluzione culturale del ’68 che, di lì a poco, avrebbe fatto proprio lo slogan di Herbert Marcuse “l’immaginazione al potere”.
Alessandra Troncone