Architetto e designer, Cherubino Gambardella (Napoli, 1962) è autore di numerose pubblicazioni, progetti e mostre, tra le quali nel 2013 CUT’n Paste, mostra collettiva sul disegno e sul collage dei nuovi protagonisti dell’architettura contemporanea al MoMA – Museum of Modern Art di New York, e le mostre/progetto personali Neorealismo Magico (Madre, Napoli, 2009) e Plastic Village. Il limite imperfetto tra architettura e design (Fondazione Plart, Napoli, 2015-16). Nel 2016 è invitato a partecipare alla Triennale di Milano nelle due mostre Stanze. Altre filosofie dell’abitare, in collaborazione con Il Salone del Mobile di Milano, e La logica dell’approssimazione, nell’arte e nella vita. I suoi lavori sono stati pubblicati su alcune delle più importanti riviste internazionali di arte e architettura, oltre che nella monografia The Phaidon Atlas of Contemporary Architecture.
Napoli, per Gambardella, non è solo una città conosciuta in tutto il mondo, è soprattutto una città dalla sostanza corporea sia disarmonica che seducente, la cui attrazione appare al contempo evidente e imperscrutabile. Nell’articolazione delle sue strutture compositive e delle sue capacità mitopoietiche, che impregnano caratteristiche antropiche, culturali e geografiche, Napoli è per Gambardella una città reale ed insieme intangibile, che sprigiona e manifesta qualcosa di indefinito, pur nella sua indiscutibile e ricorrente presenza. Napoli è quindi non solo un corpo urbano, ma un “supercorpo”/“succorpo”, che mantiene al suo interno anche sostanze ideali e tratti invisibili, un racconto per immagini di evenienze che ne amplificano l’immagine concreta, trasformandola in una metropoli articolata su una molteplicità di livelli di esperienza e di racconto. E se ogni città è una costellazione di queste diverse esperienze e racconti che la abitano, essi si sono stratificati nel tempo, per solidificarsi, infine, nella sua architettura. Per questo la forma della città di Napoli diventa una base possibile su cui fondare la sua stessa duplicazione immaginaria e ipotetica…
“E, così, improvvisamente, nasce Supernapoli, l’insediamento inconscio, la città sovrapposta, la metropoli che si muove entrando e uscendo dal corpo che la ospita. Tutto per impedire alla realtà di stabilire una supremazia sul presente, restituendo all’utopia il suo diritto ad esistere, come prassi democratica nel pensiero quotidiano” (Cherubino Gambardella).
Supernapoli si sovrappone immaginativamente, fantasmaticamente alla reale conformazione urbana di Napoli, non tanto per ricucirne politicamente, sociologicamente o razionalmente antiche ferite, quanto per riqualificare idealmente il corpo vivo della città, innestandovi nuovi frammenti edificati, proponendo tagli e demolizioni nel suo denso tessuto abitativo e produttivo, introducendo riforestazioni nelle sue parti degradate, come la città ad Oriente e quella ad Occidente, con l’antica acciaieria dismessa di Bagnoli. Nel loro carattere plastico e scultoreo, le visioni di Gambardella si susseguono quasi a volersi rendersi surrealtà o sottorealtà possibili e auspicabili, dalle lastre inclinate per la raccolta d’acqua piovana e dalle vasche vegetali che rianimano territori compromessi, forniti di impianti fotovoltaici per energie pulite, ai collegamenti che sovrastano il brulicare di vita dei Quartieri Spagnoli, o da una Forcella diradata e sviluppata in inedite verticalità fino alle Vele di Scampia liberate dai ballatoi, al posto dei quali sorgono nuove linee di percorso fra monumentali spazi verdi.
Supernapoli diviene così un volume che ne racconta le fasi processuali e le figure progettuali e, soprattutto, una doppia quadreria, esposta, durante il suo compiersi dal vivo, alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2014, e poi alla Triennale di Milano nel 2015. Nell’ambito del progetto Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania, l’opera torna nella sua città d’origine e trova collocazione permanente, di invito fantastico e stimolo intellettuale, nella collezione del museo Madre. Confermando così la natura performativa, agita e mutevole, condivisa e comunitaria, relazionale e dialogica della collezione del museo napoletano d’arte contemporanea, volta a sondare, esplorare, documentare e mettere in azione energie anche non ortodosse e sconfinamenti linguistici, disciplinari e metodologici, che in questo caso rimettono in circolo, e in prospettiva, il rapporto fra l’architettura e l’arte, fra la città reale e la città utopica.
[Andrea Viliani]