Gilbert & George

Gilbert & George, Up the Wall / Sul muro, 2008. Collezione Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Gilbert & George, Up the Wall, 2008. Collection Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.

Gilbert & George (Gilbert Prousch, San Martino in Badia, 1943 & George Passmore, Plymouth, 1942) si incontrano nel 1967 al St. Martin’s School of Art di Londra, trasferendosi nel quartiere operaio di Spitalfields, opponendosi al conformismo della società e del sistema dell’arte all’arte. Adottando la scelta dell’irriverenza, della provocazione e dello scandalo con una coerenza alle soglie del Gesamtkunstwerk, i due artisti sbeffeggiano le convenzioni della middle-class esibendo un corpo che oscilla tra compiacimento ironico e narcisistico, dividendosi la scena dell’opera con citazioni bibliche, sogni grotteschi, l’insolenza e l’icasticità di atteggiamenti sessualmente allusivi, intervallati a rappresentazioni degli umani fluidi (sangue, urina, sperma). Una miscela incendiaria di humour inglese e linguaggio rigorosamente politically un-correct che fin dall’esordio adotta il motto “Art for All” e l’auto-definizione di “sculture viventi”.

All’inizio degli anni Settanta le loro opere sono composte da immagini in bianco e nero di piccole dimensioni, allestite secondo schemi figurativi. A metà degli anni Settanta adottano nelle loro composizioni fotografiche lo schema della griglia ortogonale. Dopo il bianco e nero e l’utilizzo privilegiato del rosso, dagli anni Ottanta Gilbert & George si aprono al colore e parallelamente aumentano la scala dimensionale delle proprie opere, che assumono, progressivamente, l’aspetto di monumentali affreschi fotografici, composti da più pannelli assemblati a comporre l’immagine finale. Un’attitudine rilanciata con l’avvento del virtuale, attraverso cui la loro immagine si contamina e deflagra nel “corpo” dell’opera con rinnovata virulenza. Appartengono a quest’ultima fase Le New Horny Pictures (2001), che rimandano inserzioni di mercenari del sesso, raccolte, classificate e poi articolate dagli artisti in imponenti composizioni. Dopo gli attentati terroristici di Londra (2005), Gilbert & George iniziano a raccogliere le locandine del quotidiano londinese “Evening Standard”, che diventano parte integrante della serie Six Bomb Pictures.

Le Jack Freak Pictures, concepite dai due artisti dopo la grande retrospettiva che la Tate Modern ha dedicato loro nel 2007, cui appartiene l’opera in collezione, Up the Wall (2008), è dominata dal motivo della bandiera inglese (“The Union Jack”): tradizionalmente evocata per ribadire i valori di una Britishness conservatrice, utilizzata politicamente e socialmente come emblema di un radicato nazionalismo, la bandiera inglese è ribaltata in chiave ironica dai due artisti, che ne sabotano la retorica simbolica. Ridotta a pattern decorativo, si presta ad abitare medaglie, amuleti, la mappa stradale di East London, dove gli artisti vivono e lavorano fin dagli anni Sessanta, gli stessi muri urbani.
Gilbert & George hanno una lunga consuetudine con la città di Napoli: invitati la prima volta da Lia Rumma (London Fog, 1974) e poi da Lucio Amelio (Bloody Life, 1975; Dark Shadow, 1977), successivamente hanno esposto più volte negli spazi della Galleria Alfonso Artiaco (New Testamental Pictures, 1998; Jack Freak Pictures, 2009; The Urethra Postcard Pictures, 2011; London Pictures 2012). Una mostra personale gli è stata dedicata al Museo Nazionale di Capodimonte nel 1998.

EV

Up the Wall, 2008

Attualmente non esposto.

Gilbert & George, Up the Wall / Sul muro, 2008. Collezione Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Gilbert & George, Up the Wall, 2008. Collection Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.