L’opera di Anselm Kiefer (Donaueschingen, 1945), uno dei più autorevoli e influenti artisti contemporanei, da un lato si caratterizza per un recupero dell’icasticità propria all’Espressionismo, esperito attraverso l’uso di temi e tecniche proprie alla tradizione germanica; dall’altro si è sempre distinta per un originale riattraversamento del recente passato tedesco, spesso congiunto a miti ed archetipi arcaici, che spaziano dall’antica Mesopotamia ai temi del misticismo ebraico e della Cabala. Cresciuto da bambino tra le macerie della II Guerra Mondiale, Kiefer segue i corsi di Beuys a Düsseldorf (1970-72), da cui è fortemente influenzato e da cui recupera il concetto di arte come catarsi, oltre che l’interesse per il valore alchemico dei materiali che da sempre abitano la sua opera: il piombo, la cera, i semi, i girasoli, la terra, le lacche, i fiori secchi, il bitume, talvolta il seme stesso dell’artista. Le sue opere sono sempre frutto di una lunga e lenta elaborazione formale e concettuale, appaiono spesse e aspre, animate da tinte cupe e terrose, da crettature, sfogliamenti e stratificazioni. Opere che si presentano alla stregua di palinsesti della memoria, caratterizzate da un segno scabro e forte, da una malinconia plumbea di evidente ascendenza nordica, nonostante un certo schiarimento della tavolozza e dei toni cromatici che coincide col trasferimento dell’artista dalla Germania, dai primi anni Novanta, a Barjac in Provenza e a Parigi.
Kiefer apre dolorosi squarci in un passato non ancora completamente metabolizzato: il suo lavoro cortocircuita le rovine della storia e rivitalizza il mito, costantemente in bilico tra la constatazione dei disastri del passato e un desiderio purificatorio di rinascita, tra lo studio di miti eroici, saghe arcaiche e simboli alchemici che diventano figure, allegorie e archetipi intorno ai quali ruota la sua complessa Weltanschauung.
Elizabeth of Austria (1991) è un’opera monumentale appartenente alla serie dei piombi, riporti fotografici su metallo che restituiscono alcuni protagonisti della storia tedesca. Esposta nella prima mostra dell’artista presso la galleria Lia Rumma nel 1992, l’opera ci restituisce l’immagine dell’imperatrice Elisabetta d’Austria (1837–1898), motivo ricorrente nella poetica dell’artista, cugina di Ludovico II di Baviera (1845- 1886), il viscontiano “Ludwig”, e sorella dell’ultima regina di Napoli, Maria Sofia di Baviera (1841-1925), moglie di Francesco II di Borbone (1836 1894), “Franceschiello”, re delle Due Sicilie dal 1859 al 1861. Nella sua lunga frequentazione con la città di Napoli, iniziata nel 1982 con la sua donazione di un’opera per la collezione Terrae Motus (Waterloo, Waterloo…), si afferma, a partire dal 1992, il rapporto con Lia Rumma; nel 1997 si tiene la mostra personale nella Sala degli Arazzi del Museo Nazionale di Capodimonte seguita, nel 2004, da quella al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
[Eugenio Viola]