Dopo il diploma al Liceo Artistico di Napoli, Anna Maria Gioja (Napoli, 1957) si trasferisce nel 1975 a Basilea, città in cui risiede sino al 1986. Nel 1976 frequenta l’Ècole des Beaux Arts a Parigi e si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Nel 1981 partecipa alla prima mostra collettiva alla Kunsthalle di Basilea (Weihnachtaustellung), a cura di Jean-Christophe Ammann, con un’opera pittorica di grandi dimensioni. Nel 1982 vince il Kunststipendium della città di Basilea, borsa di studio per giovani artisti emergenti. I dipinti neo-espressionisti di questi anni, realizzati su grandi formati e con inserti grafici, danno rappresentazione a sentimenti di disagio, in modo affine alle ricerche dei giovani artisti di area mitteleuropea. Nel 1987 l’artista ritorna a Napoli e intraprende una ricerca fortemente stimolata dagli umori sociali partenopei, esasperando alcune asperità della precedente produzione. Dalla metà degli anni Novanta fino al 2009 realizza soprattutto installazioni, opere fotografiche e video, partecipando a festival dell’audiovisivo. Dal 1998 al 2001 è Direttore Artistico di Procidafilmvideo, rassegna internazionale di cinema, video e animazione, di cui è stata anche ideatrice. Nel 2002 realizza Annared, progetto video e performativo realizzato in collaborazione con alcuni musicisti: riflessione in forma di monologo sui temi dell’identità e sul precario equilibrio esistenziale, il progetto racconta la storia di una possibile alter ego dell’artista. I momenti di vita intima e quotidiana di Annared travalicano la dimensione soggettiva per farsi narrazione di una vicenda più ampia che fa riferimento all’universo femminile in relazione con la realtà culturale meridionale. Nel 2011, in una mostra personale alla galleria Karin Sutter a Basilea, presenta Facing the Wall, opera in cui l’artista, attraverso autoritratti fotografici e video, esibisce l’esasperazione e l’angoscia determinate dalla impossibilità di operare una propria catarsi all’interno di una dimensione politica e sociale impregnata di false verità. Dal 2012 lavora ad Another Time Another Place, progetto composto da opere pittoriche su carta, fotografiche e installazioni con cui l’artista affronta da una diversa prospettiva il corpo umano e quello vegetale, in continua trasformazione.
Il dipinto Senza titolo, entrato a far parte della collezione al Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania, testimonia la ricerca a cui l’artista si dedica negli anni Ottanta in cui, aderendo al linguaggio neo-espressionista, lo “spirito del tempo” si rimodula per far affiorare non solo gli umori di un profondo disagio generazionale nei confronti della società del tempo, ma anche una significativa attenzione alla sensibilità femminile del primo decennio post-femminista. Tale dimensione contestativa, tradotta con l’espressività di un segno pittorico spesso e vibrante e con una gamma cromatica bassa (soprattutto nei neri), si trasformerà nella successiva produzione dell’artista in una più esplicita urgenza autobiografica. Nel dipinto, la sagoma della fabbrica dell’Italsider di Bagnoli e il turbinio delle nuvole restituiscono la voragine aperta nel paesaggio dall’emergenza sociale. Al subbuglio e alla ribellione della natura corrisponde il turbinio interiore di una reazione poeticamente ribelle, esibita anche attraverso l’uso di una macchia di colore rosso, presenza costante in queste e altre opere che evoca un dolore che non può che essere condiviso, al contempo ferita collettiva e malessere intimo, muta ma implacabile forma di denuncia e di resistenza.
[Olga Scotto di Vettimo]