Agostino Bonalumi (Vimercate, 1935 – Desio, 2013) stato uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana del secondo dopoguerra. Il suo esordio come pittore avviene nel contesto milanese degli anni Cinquanta; frequentatore dello studio di Enrico Baj, Bonalumi intraprende con Piero Manzoni ed Enrico Castellani (con i quali fonda la rivista “Azimuth”) un percorso interno alla pittura che mira a ridefinirne il linguaggio, attraverso un processo di azzeramento della rappresentazione che trova nel monocromo il suo esito ideale. La tela diventa campo aperto di possibilità, l’aderenza al reale non passa più attraverso la figurazione ma prende corpo a partire dallo studio sui fenomeni della percezione.
Caratteristica del lavoro di Bonalumi è la creazione di tele estroflesse, con l’inserimento di supporti, in legno e metallo, che ne determinano le forme. L’artista ottiene così delle superfici vibratili, la cui forma cambia in relazione all’incidenza della luce e al punto di vista. La superficie bidimensionale si flette acquisendo una dimensione tridimensionale, l’accento è posto sull’illusione otticopercettiva, che rende l’opera cangiante. Il gioco di luci e ombre non è più ottenuto tramite le variazioni cromatiche ma grazie alle modulazioni della struttura stessa. Si parla per queste opere di “pittura-oggetto” – usando la definizione del critico Gillo Dorfles – per la loro capacità di tenere insieme i linguaggi della pittura e della scultura, stimolando un’esperienza tattile: punto di partenza è sempre la tela, ma questa si estende allo spazio circostante, stabilendo una diretta relazione con l’ambiente e lo spettatore.
Passaggio successivo è il superamento della dimensione del quadro e l’approdo alla pittura-ambiente, con interventi nei quali è la pittura ad adattarsi allo spazio: emblematico in tal senso è il lavoro realizzato da Bonalumi per la mostra Lo spazio dell’immagine a Foligno nel 1967, occasione nella quale l’artista presenta Blu abitabile, installazione realizzata con una serie di pannelli con strutture estroflesse che invadono lo spazio dello spettatore, invitandolo ad “abitare” l’opera.
L’opera di Bonalumi in presentata al Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione è datata al 1974, lo stesso in cui la galleria Il Centro presenta a Napoli una mostra dedicata ad “Azimuth”, con opere di Bonalumi, Castellani e Manzoni. Il dipinto fa parte di un corpus di lavori realizzati appunto negli anni Settanta, nei quali il bianco annulla ogni riferimento all’immagine per liberare la forma sottostante. La suddivisione razionale della superficie entra in tensione con il gioco di luce generato dalla regolarità dell’andamento a rilievo, lasciando incontrare forma ideale e suggestione sensoriale, apporto concettuale e ricerca estetica.
[Alessandra Troncone]