Getulio Alviani

Getulio Alviani, Textura vibratile, esagoni e 2 cubi verticali, 1972. Collezione Dina Caròla, Napoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Getulio Alviani, Textura vibratile, esagoni e 2 cubi verticali / Vibrant texture, 2 hexagons and vertical cubes, 1972. Dina Caròla collection, Naples. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.

L’analisi sistematica dei fenomeni percettivi è da sempre al centro della poetica di Getulio Alviani (Udine, 1939 – Milano, 2018), in cui i domini dell’arte incontrano quelli dell’indagine scientifica, trasformando l’opera in luogo della ricerca in atto. Nel suo lavoro, un insieme di regole logico-matematiche assurge a sistema per diventare esperienza conoscitiva, dileguandosi nel reale come espressione di un ideale ordinamento razionale. Nel 1961, l’artista collabora alla produzione seriale di oggetti in plastica e tra il 1962 e il 1964 partecipa all’esibizione di Arte Programmata promossa da Olivetti a Venezia, Roma, Trieste, Düsseldorf e Londra. Nel 1964 è invitato alla Biennale di Venezia ed espone nella mostra Nouvelles Tendances al Museo del Louvre di Parigi. Nel 1965 partecipa alla mostra The Responsive Eye al MoMA di New York e crea le prime stanze-ambienti con pareti a superficie vibrante. Da allora il suo lavoro comincia a mostrare un crescente interesse per l’articolazione spaziale e i confronti con l’architettura diventano sempre più stringenti, non solo attraverso la moltiplicazione di elementi modulari standard ma anche con la realizzazione di strutture specchianti, curvate e ruotate per creare effetti particolari di percezione. Nel 1968 partecipa a Documenta 4 a Kassel. È nuovamente invitato alla Biennale di Venezia nel 1986 e nel 1993. Negli ultimi anni si è dedicato alla cura di testi ed esposizioni riguardanti i principali esponenti delle ricerche strutturali e visive internazionali, collaborando con musei soprattutto nell’Est Europa.

L’opera in collezione appartiene alla celebre serie delle Superfici a testura vibratile (1972-74) che giocano sull’ambiguità della visione. I cangiantismi sottili generati dalla rifrazione della luce, complice la tessitura compositiva delle superfici in alluminio, ne attivano il dinamismo intrinseco e l’azzardo dell’interazione con lo spettatore, facendone un frammento della complessa Weltanschauung di Alviani, basata sulla stimolazione di nuove modalità operative e diverse possibilità espressive legate agli approfondimenti fenomenici e ideologici connessi alle problematiche ottico-visive. Testimonianza di un percorso di ricerca tanto rigoroso sul piano teorico quanto preciso negli sviluppi formali, che si apparenta all’esperienza storica del Bauhaus e ad artisti come Josef Albers, Max Bill e Konrad Wachsmann per sfociare nel movimento dell’Arte Cinetica e Programmata di cui Alviani è uno dei più precoci e lucidi interpreti. Il sodalizio di Alviani con la galleria Il Centro di Dina Caròla risale al 1966, al tempo della mostra Tendenze Confrontate. Arte Visuale e Figurazione Oggettuale a confronto, a cura di Filiberto Menna e Alberto Boatto, e proseguito ininterrotto negli anni (la prima mostra personale nel 1972, l’ultima nel 2007). L’attività espositiva della galleria napoletana orienta ben presto i suoi interessi verso tutte le ricerche legate ad un’esperienza scientifica della visione, presentando, a cura di Alviani, nel corso degli anni, mostre di maestri storici come Josef Albers o Max Bill, di esponenti dell’Arte Cinetica e Programmata come Gianni Colombo, Enzo Mari, François Morellet, Jesus Rafael Soto, Victor Vasarely, Luigi Veronesi, o di esponenti storici del Gruppo T e del Gruppo N come Edoardo Landi e Manfredo Massironi.

EV

Superfici a testura vibratile, 1972-74

Attualmente non esposta.