Richard Artschwager

Richard Artschwager, “Up and Out”, 1990. Collezione Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante.

“La scultura è per il tatto, la pittura per l’occhio. Ho voluto fare scultura per l’occhio e pittura per il tatto”. Con quest’affermazione Richard Artschwager (Washington D.C., 1923 – Albany, 2013) riassume la sua pratica artistica, nella quale i linguaggi della pittura e della scultura si intrecciano indissolubilmente rimescolando ogni categoria predefinita.

La sua ricerca prende avvio negli anni Cinquanta, quando intraprende l’attività come disegnatore e produttore di mobili, per poi dedicarsi alla pittura astratta. Dai primi anni Sessanta inizia a realizzare le opere che lo rendono famoso sulla scena dell’arte internazionale: sculture in legno verniciato in acrilico, dalla forma geometrica e squadrata, che evocano la struttura di tavoli e sedie, costringendo lo spettatore ad interrogarsi sulla natura stessa di questi oggetti. Grazie all’inganno generato dalla perizia tecnica con cui queste opere sono realizzate, l’artista lavora sui meccanismi di percezione, trasformando l’opera d’arte in un oggetto familiare, che mantiene la sua riconoscibilità ma, al contempo, risulta decontestualizzato e defunzionalizzato.

Il lavoro di Artschwager è stato assimilato alla Pop Art, per il riferimento a oggetti che appartengono all’universo del consumo quotidiano, ma anche al Minimalismo, per l’utilizzo di materiali industriali e per la presenza di solidi geometrici che interagiscono con lo spazio. L’attraversamento di due correnti artistiche così apparentemente distanti tra loro rende la produzione dell’artista americano un unicum nel suo genere, dove illusionismo pittorico e realismo tridimensionale trovano un inedito punto di incontro.

Un’opera come Up and Out (1990), in collezione al Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione, mostra tutta l’ambiguità che caratterizza la ricerca di Artschwager: realizzata in legno e formica, richiama la forma di un misterioso altare domestico, nel quale la parte superiore e quella inferiore sono colorate diversamente, simulando in entrambi i casi le venature del legno, come spesso accade nelle opere dell’artista, mentre il moto ascensionale suggerito dai gradini sembra alludere a una spartizione tra la sfera terrena e quella celeste, che conferisce a questo oggetto una vaga connotazione sacrale.

L’opera – che riporta a una delle prime commissioni ricevute da Artschwager, prima dell’avvio della sua carriera artistica, che prevedeva la realizzazione di altari per le navi – è stata esposta nel 2013 presso la Galleria Alfonso Artiaco, in occasione della terza mostra che la galleria napoletana ha dedicato all’artista dopo quelle del 1992 e del 1996, rendendogli omaggio a pochi mesi dalla sua scomparsa.

[Alessandra Troncone]

Up and Out, 1990

Attualmente non esposta.

Collezione Alfonso e Cristina Artiaco, Pozzuoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante.

Veduta dell'allestimento, nell'ambito di "Per_formare una collezione #4"

aAttualmente non esposta.

Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli. Foto © Amedeo Benestante.