Nelle strade della città di Amalfi, durante le giornate, nell’ottobre del 1968, della mostra-evento Arte povera più azioni povere, va in scena L’uomo ammaestrato realizzato da Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) con Lo Zoo, gruppo nato nel 1968 dalla collaborazione di Pistoletto e la sua compagna Maria Pioppi con cineasti, musicisti, poeti e attori, e che darà vita a numerosi spettacoli in varie città fino al definitivo scioglimento nel 1970.
Nelle parole di Pistoletto, già la scelta del nome del gruppo rimarcava la differenza tra le persone e i linguaggi artistici, così come diversi sono gli animali: “uscire dallo studio era uscire dalla gabbia”. Sulla scia delle novità introdotte, anche a Napoli in quegli stessi anni, dal Living Theatre (la cui attività a Napoli è documentata in una delle sale precedenti), Lo Zoo mette in scena azioni che abbattono ogni confine tra le discipline (musica, teatro, cinema, arti visive) aprendo simbolicamente le sbarre, ovvero abbandonando il palcoscenico per invadere la strada e instaurando così un nuovo e più diretto dialogo con il pubblico, che gioca anche sul capovolgimento di prospettiva: “Vi siete mai chiesti chi siano i veri spettatori, voi da una parte delle sbarre o gli altri al di là delle sbarre?”, domanda provocatoriamente Pistoletto.
Insieme al celebre L’uomo ammaestrato, messo in scena per la prima volta a Vernazza nel 1968 e poi lo stesso anno nelle strade di Amalfi, altre performance de Lo Zoo vedono la collaborazione con il MEV-Musica Elettronica Viva, gruppo di musica sperimentale operante a Roma, come Teatro baldacchino e Play (Torino, dicembre 1968).
In parallelo con gli spettacoli di strada, Lo Zoo approda anche nelle gallerie private: ne sono esempio le performance Il Principe Pazzo e Il Tè di Alice, rappresentate per la prima volta a Napoli, presso la Galleria Il Centro, tra febbraio e marzo 1969.
Le improvvisazioni teatrali e musicali, le scenografie allestite sul momento con oggetti recuperati in loco, l’utilizzo di luci di fortuna – come i fari puntati di una macchina – sono alla base di una ricerca che tende ad assottigliare il più possibile la linea che divide l’esperienza artistica dalla vita quotidiana, nello stesso momento in cui la partecipazione del pubblico diviene parola chiave anche nei contemporanei movimenti di contestazione, che propugnavano l’abbattimento delle barriere sociali e l’affermazione della libertà e dell’emancipazione individuali.
La documentazione fotografica degli interventi di Michelangelo Pistoletto e Lo Zoo in collezione vide la collaborazione di vari fotografi: Bruno Scagliola, Claudio Abate e Fabio Donato.
AT