Giulia Piscitelli

Giulia Piscitelli, Slave / Schiavo, 2013. Courtesy l’artista. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Giulia Piscitelli, Slave, 2013. Courtesy the artist. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.

Registrazione – spesso brutale – del reale, indagine sociale praticata come forma di narrazione contemporanea, ridotta all’essenzialità espressiva e ad una concentrazione estrema, caratterizzano le opere di Giulia Piscitelli (Napoli, 1965), che vi immette, senza mediazione, la flagranza delle proprie esperienze, azzerando ogni diaframma tra opera e artista, soggetto e oggetto, arte e vita.

Gli interventi di Piscitelli originano dalle contraddizioni e dalle problematicità dell’ambiente in cui opera, per travalicare però la quotidianità del vissuto e riflettersi verso la relazione dinamica con il mondo esterno o ripiegare, al contrario, in una dimensione intimamente riflessiva, quasi afasica, di stallo. Nella ricerca dell’artista si definiscono strategie precarie finalizzate al recupero delle emozioni, alla percezione e all’accettazione della fragilità, della diversità e dell’effimero, alla rivalutazione di cose e gesti minimi, alla valorizzazione del periferico, del marginale, di ciò che a prima vista può sembrare ininfluente ma che, se osservato con attenzione, può condurre a letture alternative della realtà che ci circonda. L’artista restituisce così una serie di micro-storie e micro-eventi quotidiani il cui paradigma etico ed estetico, la cui forza poetica sono affidati alle sfumature.

Adottando un modus operandi eclettico, che alterna installazione, video, fotografia, pittura, collage e ready-made, Piscitelli sembra porre al centro della sua pratica l’elemento processuale, inteso come incubazione di immagini e situazioni che poi si sviluppano nelle opere, ma restandovi come sospese, nel mezzo, tra due possibilità: esistere attivamente e pubblicamente o restare in un personale archivio della memoria. Allieva di Giuseppe Desiato, Piscitelli ama definirsi “figlia di Fluxus”, espressione da intendersi come dichiarazione di poetica per lo stringente rapporto fra azione artistica e sfera quotidiana, per l’approccio alla vita di ogni giorno intesa come fenomeno estetico recuperabile nell’arte.

Slave, che si accampa su uno dei due scaloni monumentali del museo, è un intervento site-specific realizzato in occasione dell’antologica di Piscitelli, Intermedium, tenutasi negli spazi del Madre da giugno a ottobre 2014. L’opera è la trasposizione monumentale di un simbolo prelevato da un atlante storico e solitamente utilizzato per visualizzare lo sviluppo e l’andamento della schiavitù nell’ambito dei grandi imperi dell’antichità. Da questa origine grafica l’artista trae le forme stilizzate della figura ritratta, caratterizzata da un processo di estrema semplificazione compositiva: un omino che sembra dirigersi non si sa bene dove, con il capo chinato da un lato in segno di sottomissione.

La contraddittoria preziosità dell’opera, realizzata in foglia d’argento stesa meticolosamente attraverso velature successive, stride volutamente con l’umiltà del soggetto rappresentato e con lo stile compendiario adottato. È proprio in questo cortocircuito che, nell’apparentemente rassicurante e quieta rotondità dell’immagine ritratta, si coglie l’essenza, poetica e politica, della ricerca dell’artista, la componente amaramente umoristica di riflessione sulle contraddizioni dei nostri sistemi di vita e di pensiero, sul fallimento della nostra stessa idea preconcetta di contemporaneità, sulla necessità di portare la vita nell’arte e l’arte nella vita.

EV