Bill Beckley

Bill Beckley, “Gardens of Pompeii”, 1986 (dettaglio). Collezione dell’artista. Courtesy Studio Trisorio, Napoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. 

Bill Beckley (Hamburg, Pennsylvania, 1946) è tra i fondatori della Narrative Art, corrente nata all’inizio degli anni Settanta nell’alveo delle ricerche concettuali, volta a sottolineare come l’immagine (in prevalenza fotografica) e la parola stabiliscano rapporti al di fuori di qualsiasi reciproca subordinazione – movimento cui aderiscono artisti diversi, tra cui David Askevold, John Baldessari, Christian Boltanski, Peter Hutchinson, Franco Vaccari, William Wegman. Il rapporto tra i due registri, iconico e testuale, restituisce percorsi narrativi indipendenti, attivati da una dimensione esclusivamente mentale, ottenuta grazie alla partecipazione emotiva dell’osservatore.

Alle origini, il lavoro di Beckley si organizza attraverso sequenze di immagini che si dispongono secondo un modello indiziario, atto a sollecitare l’attenzione dello spettatore e a contrastare gli automatismi mentali. Ardito sperimentatore, esplora le possibilità espressive della performance ed è tra i primi artisti a dare dignità estetica alla fotografia a colori.
La sovrapposizione tra testo e immagine connota il suo lavoro fin dall’inizio degli anni Settanta, per evolvere dalla presenza fisica del testo che accompagna le fotografie a una sua partecipazione solo allusiva, limitata all’evocazione di simboli ideogrammatici, spesso ricercati nelle forme naturali. Nel corso degli anni, l’artista sviluppa una ricerca che lo ha condotto verso l’astrazione, in cui il grande formato, i colori saturi e gli stessi titoli suggeriscono, come scrive l’artista stesso, “similitudini con gli ideogrammi orientali”.

Beckley ha una lunga frequentazione con la città di Napoli, dove espone per la prima volta nel 1977 alla galleria di Lucio Amelio, e successivamente allo Studio Trisorio, cui è legato da un rapporto trentennale. Gardens of Pompeii, in collezione al Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione, è un’opera pensata e realizzata dall’artista a Napoli, in occasione della sua prima mostra allo Studio Trisorio (1986), che raccoglie gli echi e le stratificazioni della cultura classica per ricomporsi in una dimensione di netta suggestione concettuale. Le opere di questa serie, principalmente grandi tele ovali, realizzate in parte a Villa Orlandi a Anacapri, sono opere “palinsesto”: una superficie dipinta con stesura molto materica accoglie le piante di alcune ville e di giardini pompeiani; su questo strato l’artista ha poi sovrapposto collage, materiali eterogenei e l’ipertesto verbale: singole parole o nomi, disposti secondo un ritmo ordinato.
“Dal ricordo di Pompei, dall’archeologia dunque, Beckley si sposta su un altro fronte, sul versante dell’archeologia foucaultiana”, rileva Angelo Trimarco, che descrive un lavoro “centrato sull’interdipendenza dei significati e sulle tensioni fra la superficie, come scena dei giochi linguistici, e ciò che silenziosamente giace laggiù: uno spazio che increspa la superficie, inquieta i significati, dice che i nomi non definiscono mai compiutamente le cose”.

[Eugenio Viola]

Gardens of Pompeii, 1986

Attualmente non esposta.

Collezione dell’artista. Courtesy Studio Trisorio, Napoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante.