Giuseppe Penone

Radicata nelle origini del movimento dell’Arte Povera, la ricerca artistica di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) esplora empiricamente l’articolato, ancestrale dialogo tra il corpo umano e gli altri organismi viventi, come gli alberi e le piante, o l’acqua dei fiumi, investigando processi di crescita naturale in relazione all’intervento umano, elaborando forme evocative di una possibile convivenza e coesistenza fra diverse forme di vita e conoscenza, assottigliando la soglia che divide la sfera dell’arte e l’esperienza della natura.
Corpo e mondo naturale sono interpretati come entità biologiche, studiate nei rapporti reciproci di commistione, e le diverse modalità di questo rapporto diventano nella poetica dell’artista momenti originari di una pratica scultorea che rivela spesso (come nelle azioni alla base della serie fotografica Alpi Marittime, 1968) processi naturali nascosti o invisibili come crescita, respiro, erosione, cambiamento.
Molte opere di Penone nascono dal contatto diretto fra il corpo dell’artista, il suo intervento, e la materia: nelle sculture di travi di legno in cui l’artista riscopre la forma dell’albero, colto in un dato momento della sua vita naturale (soggetto costante nel lavoro di Penone), da cui le travi sono state tratte. O nei Soffi (1978), sculture in terracotta, simili a un vaso, che recano l’impronta del corpo e della bocca dell’artista che visualizza la forma che prende l’azione di soffiare nella materia.
Lo stesso principio governa i Soffi di foglie (dal 1979), il cui incavo restituisce l’impronta dell’artista e dell’aria su di esse. Alcune volte sono parti del corpo che, isolate e monumentalizzate, sono presentate nella loro funzione di raccordo fra l’uomo e ciò che lo circonda (Unghia, 1987; Suture, 1987-1991; Cervello di pietre, 2003-2007). Altre volte l’artista enfatizza le profonde analogie
tra mondo vegetale, minerale e umano (Essere fiume, 1981; Biforcazione, 1991; Respirare l’ombra, 1998), con l’obiettivo di esaltare le capacità creative inconsapevoli della natura e rovesciare i rapporti tra l’uomo e l’ambiente (non è la natura a imitare l’arte, ma l’arte ad assumere, in un dialogo ininterrotto, l’identità della natura).
Il vocabolario plastico di queste opere mira a ristabilire una simbiosi con la natura dal punto di vista sia materiale che teorico, raccordando ciò che è stato fatto dall’uomo e ciò che è frutto dei processi naturali, riconciliando i concetti solitamente antitetici di “artefatto” e “naturale”. La ricerca di un ponte tra questi due concetti si riflette nell’uso del calco e dell’impronta.
Il sondare le possibilità che l’uomo ha di interagire con la natura e di modificarla è alla base di alcune opere performative dell’artista, tra cui Rovesciare i propri occhi (1970), in cui indossando lenti a contatto specchianti l’artista riflette con il proprio sguardo quello che l’occhio vedrebbe, o Pressione in cui le impronte del corpo dell’artista sono proiettate nell’ambiente (1974, sulle pareti della sua casa e 1977, sui muri del Kunstmuseum di Lucerna).
A questi anni, e al medesimo principio ideativo e speculativo, appartiene Barra d’aria, un parallelepipedo di vetro posto fra l’interno e l’esterno di una finestra dello spazio espositivo, attraverso la quale il passaggio dell’aria stimola una percezione diversa, più libera e sospesa, dell’ambiente in cui l’opera è collocata. L’aria in essa contenuta diviene materiale costitutivo dell’opera stessa, alla quale l’artista attribuisce un valore automaticamente scultoreo.
Per la sua morfologia compositiva e installativa, l’opera mette in collegamento interno ed esterno, fuori e dentro, realizzando in ultima analisi un trait-d’union tra lo spazio separato del museo e la dimensione aperta della vita che proviene dall’esterno e s’insinua nell’interno, recandone influssi sensoriali, tracce materiali. L’opera crea letteralmente un ricambio d’aria, uno scambio osmotico, metaforico quanto fisico, fra due opposti, che l’artista ha costantemente condotto a confrontarsi, messo in un dialogo di reciprocità, confuso e, quindi, riunito nelle sue opere.

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