Anish Kapoor

Anish Kapoor, Dark Brother, 2005. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli. Foto © Amedeo Benestante.

Tra i protagonisti della scultura inglese degli anni Ottanta, Anish Kapoor con i pigmenti attinti dalla tradizione decorativa indiana della serie Mille Nomi, con le pietre o le grandi strutture concave, con le sue sculture di metallo specchiante, oscilla con risultati eccellenti tra solidità e trasparenza, tra geometrico ed organico, tra pieno e vuoto, ridefinendo ed ampliando il concetto di scultura nell’arte. La sua poetica implode e al contempo intensifica ed approfondisce le relazioni binarie, le energie opposte, le antitesi che costituiscono il mondo visibile ed il pensiero astratto attraverso una visione che, mai narrativa o didascalica, coagula ed armonizza la tensione dinamica e la sottile interazione tra forze, corporeità e sembianze antitetiche. Luce ed ombra, negativo e positivo, maschile e femminile, materiale ed immateriale, interno ed esterno, pieno e vuoto, concavo e convesso, lucido ed opaco, liscio e ruvido, naturale ed artificiale, rigido e morbido, solido e liquido, attivo e inerte, e in definitiva ordine e disordine, non sono che alcune delle polarità che concretizzano l’universo sensibile e che attivate e forgiate nella potenzialità sinottica e nella sensualità della forma metaforizzano e metabolizzano per induzione il mistero della vita.
Nell’incavo sul pavimento della sua sala al Madre, Kapoor con un grande effetto di spiazzamento, veicola lo sguardo dello spettatore verso l’infinito e verso le viscere della madre terra.