La pratica artistica di Giuseppe Desiato (Napoli, 1935) si distingue, sin dagli esordi, per un’attività performativa trasgressiva, connessa alle problematiche sociali proprie al territorio antropologico napoletano. Dal 1960, quando è docente presso l’Istituto d’Arte dell’Aquila, nascono le serie delle Carte Stracce e i Monumenti Effimeri, assemblaggi improvvisati di oggetti d’uso comune (scatole di cartone, latta o plastica, pezzi di manichini o bambole rotte, fiori e frutta finta da bancarella o altarino popolare, luci natalizie intermittenti, ritagli di fotografie da riviste di moda, veli, fiori). Trasferitosi nel 1963 alla Scuola d’Arte di Sorrento, inizia ad incellofanare gli abitanti, per lo più pescatori, del piccolo villaggio di Marina Grande. Parallelamente, inizia ad indagare la scrittura, apponendola su corpi viventi o su immagini inanimate. Durante gli stessi anni, accanto alle numerose azioni (da strada, da studio e da galleria), continua la produzione di disegni e bozzetti, attività che torna preponderante dopo il 1978, con la “riappropriazione della pittura dopo la Body Art”. Numerose le performance agite, fino agli anni Novanta, in cui la performance inizia progressivamente a scomparire dal suo lavoro.
Antesignano in Italia delle ricerche legate al corpo e all’azione, Desiato nelle sue azioni infonde una tensione demistificatoria, visibile nella teatralizzazione dell’immagine che si apparenta, per icasticità espressiva, alla poetica del nume tutelare dell’Orgien-Mysterien-Theater (“Il Teatro delle Orge e dei Misteri”) Hermann Nitsch, con cui entra in contatto precocemente a Napoli, nel 1974, anno in cui lo coinvolge in una serie di scatti (Film statico, Senza titolo). Nel 1975, a Basilea, Desiato agisce un’azione con (Senza titolo), spogliandola e ricoprendola di veli, luci e fiori. La maggior parte delle sue opere storiche sono andate distrutte, o utilizzate come materiale primario per la costruzione di nuovi lavori. Imprescindibile è, pertanto, la documentazione fotografica delle performance e degli happening che l’artista ha fotografato negli anni, esaltandone, di volta in volta, la valenza documentaria, onirica, ironica, oscena o dissacratoria.
Nonostante il suo rifiuto del sistema dell’arte e delle sue dinamiche, dagli anni Settanta collabora con diversi galleristi vicini alla Body Art e all’arte performativa, Studio Morra di Napoli, Rosanna Chiessi e Archivio Francesco Conz. Più recentemente in occasione di Manifesta 7 (Trento, 2008) gli è stata dedicata la prima grande retrospettiva. Nelle opere fotografiche presentate in collezione, afferenti alla serie dei Monumenti Effimeri, si evince la scelta dei motivi iconografici prediletti da Desiato, desunti dall’universo popolare ed indistintamente dall’immaginario erotico, religioso, politico e artistico. Un universo popolato da un apparato di feticci, altari, immagini devozionali, in cui il mito della giovinezza sembra voler erigere un proprio culto: tutta la religiosità ed i riti connessi al corpo della donna, invocato dall’artista sacerdote e trasformato in immagini para-cultuali sospese nell’oscenità della vivida celebrazione. Opere costruite in composizioni disinibite e senza nessun apparente controllo razionale, in cui il corpo femminile della modella è recuperato dalla pittura accademica per assurgere nella sua sacralità erotica ed iconica, o l’oggetto banale trasfigurato dall’intervento immaginifico dell’artista.
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