Elektra KB, Women
Elektra KB, Women’s Protection Unit (Writer’s Unit), 2015

Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS

A cura di Florencia Cherñajovsky

26.02 — 01.05.2023

Orari e biglietti

Nuove forme di riproduzione, ibride e fluide, stanno sfidando le norme sociali di ampi contesti geografici, alterando le nozioni comunemente accettate relative al concepimento, alla gravidanza e alla nascita. La mostra Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS riunisce tredici artisti visivi il cui lavoro esamina le implicazioni sociali, economiche e politiche del modo in cui diverse società definiscono e si relazionano con il concetto di riproduzione. Sintetizzando prospettive scientifiche e speculative, queste proposte artistiche esplorano il concepire e il prendersi cura di una nuova vita  a partire da paradigmi in evoluzione che vedono l’attivazione della “agency riproduttiva”. La mostra presenta opere dal 1940 a oggi che si riferiscono in vario modo alla riproduzione sessuata e asessuata, ai trattamenti di riproduzione assistita, alla fertilità e agli studi ormonali, all’epigenetica e alle tecnologie di riproduzione, sia per esseri umani sia per altre specie, comprese entità non viventi. I progressi della medicina riproduttiva consentono di alterare il corso dei processi biologici, ampliando in tal modo i limiti degli organismi che danno origine alla vita. Eppure quanto scritto da Charles Darwin nel 1862 risuona ancora con forza: “Non conosciamo minimamente la causa finale della sessualità; perché nuovi esseri viventi dovrebbero essere procreati dall’unione di due organi sessuali… L’intero argomento è avvolto dalle tenebre” (1). Gli artisti in mostra propongono delle considerazioni sull’origine e la significazione del dare vita in molteplici modi, dalla potente energia impiegata nell’autogenerazione di una nuova vita, all’esperienza soggettiva di nutrire un corpo autonomo carico di desideri, paure e pensieri propri.

Due artiste pionieristiche sfumano i confini tra arte e scienza e rielaborano il concetto di riproduzione in forme inedite. Per oltre cinque decenni, Lynn Hershman Leeson ha continuamente affrontato questioni tecnologiche attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale e, più recentemente, della biotecnologia e dell’ingegneria genetica, mettendole in relazione con questioni di genere e di identità. Il suo primo disegno, Pregnant woman in Xray suit del 1965, trae spunto dall’aver sofferto di cardiomiopatia durante la gravidanza. Questa patologia ha costretto l’artista a sottoporsi a procedure mediche isolanti in una tenda a ossigeno, e la conseguente consapevolezza del proprio respiro l’ha portata a sviluppare delle figure interattive di cyborg intitolate Breathing machines (1966-1967). Il lavoro di Shu Lea Cheang esplora il futuro  cibernetico della genitorialità con lo sviluppo di feti in uteri artificiali fuori dal corpo (ectogenesi). La sua videoinstallazione 0 x 9 (2023) mette in discussione il ruolo della scienza ostetrica nel contesto di una crescente esperienza tecnologica della riproduzione umana, speculando sui nuovi tipi di legami che potrebbero nascere grazie agli uteri artificiali. “Trattare un feto come se fosse fuori dal corpo di una donna, renderlo visibile, è un atto politico”, scrive l’artista. Come ha sostenuto lo scrittore e filosofo Paul B. Preciado, “dobbiamo applicare il principio della ricombinazione culturale alle nostre strategie di produzione e riproduzione della vita, in modo da trasformare le nostre tecnologie di potere e mutare (politicamente)”. (2)

Distanziandosi da tali interventi tecnologici, Ann Leda Shapiro vede invece il paesaggio del corpo e della mente come parti interconnesse di un unico e complesso sistema vivente. Sviluppando parallelamente una pratica della medicina Cinese e la propria attività artistica,    ha scoperto profonde affinità  con le tematiche dei suoi dipinti, in particolare gli squilibri del corpo umano e i processi di trasfigurazione attraverso i quali elementi inanimati diventano senzienti. Questa mostra presenta oltre quindici dei suoi acquerelli, dagli anni Settanta alle sue produzioni più recenti, in cui l’artista esplora continuamente gli stati di mutazione, sia a livello cellulare che cosmico, di vari corpi che si incontrano e ne creano altri. Al di là dei confini biologici, questa mostra esplora le forme di ibridazione che nascono all’interno delle nuove pratiche riproduttive, coinvolgendo relazioni gender expansive e interspecie e che aprono a nuovi spazi di speculazione, di attivismo e, infine, di “agency riproduttiva”. Come ha scritto venticinque anni fa la teorica di studi di genere Susan Squier (3), qualsiasi considerazione della costruzione filosofica e teorica della riproduzione interspecie in un contesto postmoderno implica anche una critica femminista della scienza. Il film di Lucy Beech Reproductive exile 2018 tratta i temi dell’allevamento, del lavoro bioclinico, della procreazione “ospite” e delle relazioni farmaceutiche ormonali multispecie. Il film collega una ricerca sui programmi culturali, sociali ed economici dell’industria della fertilità assistita con la produzione e la condivisione di ormoni sessuali animali e umani, fondamentali per le tecnologie riproduttive. Esposti per la prima volta al pubblico, i disegni erotici di Victor Vasarely del 1940 mostrano varie pratiche sessuali, tra cui incontri tra il corpo femminile e quello animale. Questi disegni sono affiancati da una recente serie di opere di Florencia Rodriguez Giles intitolata Tiro al parto (2020-2021), che tratta della forza della vita che si manifesta in ogni cosa e delle forme di desiderio e ispirazione che nascono quando specie diverse si incontrano. “In queste opere, questa forza si incarna in una comunità di esseri vaginali e forti, i cui flussi vitali sorgono incessantemente da qualsiasi apertura”, afferma Rodriguez Giles.

Altre opere prendono in considerazione la riproduzione in quanto costrutto sociale e propongono una decostruzione del termine attraverso un’ottica decoloniale per innescare una definizione più ampia del termine nel nostro presente. Il trittico di Pamina Sebastião Death by registration (2021), ad esempio, considera la morte come una forma di metamorfosi che genera altre forme di esistenza e corpi alternativi che spiazzano le strutture coloniali consolidate. Elektra KB riflette su questioni di genere, disabilità e transculturalità attraverso una serie di opere tessili e video in cui risignifica l’utero come simbolo di potere da reclamare in vari contesti autoritari. Con una funzione e forma analoga, il pattern Utereyes (2021) di Elena Ketra Pizzato, composto da due uteri stilizzati che convergono per formare un occhio, rappresenta, nelle parole dell’artista, “la libertà di scelta delle donne, sia del loro corpo che della loro sessualità al di là del genere. È un utero attivo, consenziente e vigile, non più passivo che subisce le imposizioni altrui, sia per dogmi sociali, etici o religiosi”. Nella sua installazione interattiva Sugar walls tearoom del 2016, l’artista e guaritrice Tabita Rezaire affronta anche il tema della giustizia riproduttiva, della violenza razziale e del benessere spirituale, ponendo la domanda: “Come guariamo i nostri uteri?”. Come spiega l’artista, “vorrei offrire una visione decoloniale della nascita, della nascita come tecnologia fondamentale. Come facciamo a far nascere gli altri, le nostre comunità e il mondo di cui vogliamo far parte? La nascita è l’arte della creazione per eccellenza. L’universo stesso è nato e noi continuiamo a farlo nascere con ogni nostro pensiero, parola e azione”.

Nella serie di video Fase Rem 1-9 (2014), Romina de Novellis interpreta i sogni che ha avuto durante i suoi nove mesi di gravidanza. Nel loro insieme, questi film costituiscono dichiarazioni sull’agency e sulla realizzazione dei propri desideri. Le opere di Martina Servio Olavide, anche queste realizzate durante la gravidanza, si immergono nel processo poetico e creativo che emerge dalla gestazione. I quadri rappresentano il grembo materno che nutre un essere in crescita, oltre che i suoi desideri, idee e tensioni interiori di ogni tipo. Entrambe le opere rendono una percezione più acuta del trascorrere del tempo durante la riproduzione umana. Autofiction poems (2020) di Pedro Neves Marques, affronta le tensioni personali e politiche in relazione alla gestazione e ai diritti riproduttivi da una prospettiva non binaria. Il progetto si basa sulla loro ricerca sui progressi della tecnologia riproduttiva. Autofiction poems è un’opera di finzione, ma non così distante dalle attuali ricerche nel campo della terapia ormonale e dei trapianti. Le immaginazioni artistiche di Neves Marques propogono percorsi per ripensare le dinamiche di potere e di genere, alla luce delle alternative ai ruoli culturali tradizionali offerte dai corpi trans e non-binari. L’immaginazione, la speculazione e il piacere guidano questi corpi audaci attraverso i loro sforzi per espandere la nostra comprensione di come la vita possa generare nuova vita, al di là dei vincoli biologici, culturali e politici.

 

1. Charles Darwin, ‘On the Two Forms, or Dimorphic Condition, in the Species of Primula, and on their remarkable Sexual Relations’ published 1 March 1862; reprinted in Forms of Flowers (1877)
2.Paul B. Preciado, ‘Baroque Technopatriarchy: reproduction’, in Artforum, 2018 https://www.artforum.com/print/201801/baroque-technopatriarchy-reproduction-73189
3. Susan Squier, ‘Interspecies Reproduction: Xenogenic Desire and the Feminist Implications of Hybrids’, in Science, Technology and Culture, Routledge: 1998

 

Artisti:

Lucy Beech (UK), Shu Lea Cheang (Taiwan), Elektra KB (Colombia), Lynn Hershman Leeson (USA), Pedro Neves Marques (Portogallo), Romina de Novellis (Italia), Elena Pizzato Ketra (Italia), Tabita Rezaire (Francia/Guyana) , Florencia Rodriguez Giles (Argentina), Martina Servio Olavide (Argentina), Pamina Sebastião (Angola), Ann Leda Shapiro (USA), Victor Vasarely (Ungheria)

Un caloroso ringraziamento a Tiziana Terranova e al Dottorato in Studi Internazionali del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, nonché ad Angela Balzano e Antonia Anna Ferrante.

Si ringraziano:

Pasquale Bianco; Valeria Castro; Marinette Jeannerod, Eaux Fortes; Maria Verónica Olavide Goya; Elif Temizkan; Alberta Pane Gallery, Paris; Altman Siegel Gallery, San Francisco; Bridget Donahue Gallery, New York; Galleria Fonti, Naples; Galleria Umberto Di Marino, Naples; Goodman Gallery, Johannesburg, Cape Town, London; Ruth Benzacar Galería de Arte, Buenos Aires; wildpalms gallery, Düsseldorf.

Un sentito ringraziamento per la loro collaborazione a tutti gli artisti partecipanti.

La curatrice Florencia Cherñajovsky esprime i suoi più sentiti ringraziamenti per il suo sostegno intellettuale e creativo a Kathryn Weir. Un sincero ringraziamento anche al gruppo del museo Madre. Un pensiero speciale ad Amancio Suaya Cherñajovsky, Oankali Aracil Rodriguez Giles, Maddalena Bordin De Novellis and Dionisio Lambert Servio Olavide.

Public program

In occasione delle giornate inaugurali di “Think Tank: REPRODUCTIVE AGENTS”, il Madre presenta un public program gratuito per dare al pubblico la possibilità di approfondire le tematiche della mostra attraverso una serie di ‘artist talk’, conversazioni e proiezioni di film.

Venerdì 24 febbraio

15.00-17.00 – Aula Dottorato del Palazzo Giusso dell’Università degli Studi l’Orientale di Napoli
Seminario ‘Making Kin: Relazioni tra ecologie e lotte femministe’ con Angela Balzano (ricercatrice femminista e docente Università degli Studi Roma Tre) e Antonia A. Ferrante (attivista transfemminista terrona e ricercatrice presso Università di Liegi), organizzato dal Dottorato in Studi Internazionali (Unior), Technocultures Research Unit (TRU) e il Centro Studi Postcoloniali e di Genere.

 

Sabato 25 febbraio

11.00 – sala Madre
Presentazione della mostra in italiano.
A seguire visita guidata della curatrice Florencia Cherñajovsky alla mostra in lingua inglese.

12.30 – sale espositive
Florencia Rodriguez Giles: performance.
L’artista interviene sulla sua serie di disegni Tiro al Parto con una performance all’interno dello spazio espositivo.

13.00: sale espositive
Elektra KB: artist talk (in inglese).

13.30: sale espositive
Romina de Novellis: artist talk (in italiano).

16.00 – Sala Clemente, secondo piano
Tavola rotonda organizzata con il Dottorato in Studi Internazionali del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale: “Agency and Reproduction” con Angela Balzano (ricercatrice femminista e docente Università degli Studi Roma Tre) e Antonia Anna Ferrante (attivista transfemminista terrona e ricercatrice presso Università di Liegi), moderata da Florencia Cherñajovsky e Tiziana Terranova (in italiano).

18.00: sale espositive
Ann Leda Shapiro: artist talk (in inglese).

18.45: sale espositive
Martina Servio Olavide: artist talk e letture di poesie (in inglese).

 

Domenica 26 febbraio 

16.00: Camminata con Paco Savio, lettura collettiva di Placenta Politics di Rosi Braidotti (in inglese).

“Placenta politics è un termine che ho coniato per indicare la biopolitica femminista materialista della relazione tra il corpo materno materiale, la placenta e il feto”
– Rosi Braidotti, Politica della placenta

Dopo alcune brevi parole introduttive al Madre, inizia una camminata di gruppo a passo lento, come in una processione. Durante il cammino, Paco Savio leggerà e interpreterà frammenti del testo di Rosi Braidotti in un ambiente urbano, guidando il gruppo verso una destinazione segreta.

17.00-19.30: Sala Madre
Pedro Neves Marques, Becoming Male in the Middle Ages, 22´

Mirene e André sono una coppia eterosessuale che affrontano problemi di infertilità. Carl e Vicente una coppia omosessuale che si sottopone a una procedura sperimentale per avere un figlio biologico. La fotografia classica del film si contrappone a una narrazione fantascientifica, per dare inizio a un’esplorazione del tutto nuova sulle questioni di genere, sulla riproduzione, sulla normatività e del concetto di famiglia.

Lynn Hershman, Conceiving Ada, 85´

Tilda Swinton incarna Lady Ada Lovelace, l’importante matematica che ha sviluppato il primo linguaggio informatico al mondo, 100 anni prima dell’invenzione dei computer. La sua storia è raccontata da Emmy, una scienziata informatica che riesce a entrare in contatto con Ada grazie a un software da lei concepito per comunicare con il passato.

Proiezione dei lavori introdotti della curatrice Florencia Cherñajovsky (in inglese).