quad ori

Ori Gersht

Evaders

21.02 — 03.06.2013

La fragilità e la caducità dell’esistenza umana, nell’opera "Evaders" dell’artista israeliano Ori Gersht.

Orari e biglietti

Giovedì 21 febbraio in occasione del secondo appuntamento del ciclo MADREscenza. Il Senso di Sé, a cura di Ludovica Lumer, l’artista israeliano Ori Gersht presenta al pubblico l’opera Evaders, realizzata per la prima volta nel 2009. L’installazione sarà visibile fino al 3 giugno 2013.

Si tratta di una video installazione che racconta la sfortunata fuga del filosofo ebreo tedesco Walter Benjamin dalla Francia occupata dai nazisti lungo la Lister Route nel 1940: tentando di passare clandestinamente il confine tra Francia e Spagna il filosofo fu arrestato a Port Boue e poi trovato morto nella sua stanza. La Lister Route – oltre ad avere alle spalle una lunga storia legata ai contrabbandi – è diventata un drammatico simbolo della Seconda Guerra Mondiale come luogo di transizione e viaggio verso la libertà: Ori Gersht vi ambienta la sua video installazione rendendo la strada un “non luogo” che può essere percepito come “senza tempo”. L’artista infatti grazie all’uso della fotografia in stop-motion e del film al rallentatore nelle sue opere cattura l’attimo, lo ferma nel tempo e nello spazio per renderlo percettibile in modo chiaro: rende visibile la fragilità e la caducità dell’esistenza umana.

Ori Gersht ha dichiarato di essersi ispirato per Evaders all’Angelus Novus di Paul Klee, opera che Walter Benjamin scelse come simbolo della sua filosofia della storia. Il filosofo scriveva infatti: “C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”. (W. Benjamin)