Carl Andre è uno dei protagonisti del movimento della Minimal Art, una corrente che, dalla metà degli anni Sessanta, ha ridefinito il concetto di scultura attraverso una drastica riduzione dei materiali e degli elementi compositivi. Insieme con artisti come Donald Judd, Robert Morris e Dan Flavin, Andre ha portato alle estreme conseguenze i presupposti formali e concettuali che troviamo nell’astrazione geometrica di Piet Mondrian e Kazimir Malevich, nelle tendenze riduzioniste del Costruttivismo Russo e nella scultura di Constantin Brâncuși.
Andre ha introdotto nel vocabolario della scultura materiali come il legno, il cemento e l’acciaio esibiti nella loro essenza e arrangiati in composizioni geometriche e seriali, rivoluzionando così i concetti di manualità, espressività e narrazione. Il procedimento scultoreo dell’artista nega le azioni tradizionalmente legate al “fare scultura”: i materiali sono “esibiti” e non più modellati, sono selezionati e accostati fra loro e non più assemblati né modificati. Essi provengono dal mondo dell’artigianato e dell’industria, così come le dimensioni delle unità che compongono ciascun lavoro sono mutuate dai principi base del costruire: mattoni, blocchi e lastre.
Se lo scultore rumeno Brâncuși aveva incluso il piedistallo all’interno della scultura come unità, Andre sopprime il piedistallo come forma di mediazione tra la scultura, lo spazio espositivo e il corpo dello spettatore, giungendo a creare sculture che aderiscono al pavimento e che si presentano come combinazioni aritmetiche di unità industriali standard che i visitatori possono percorrere.
L’arte di Andre enfatizza la specificità sia dei materiali sia dello spazio, trasformando la scultura in un luogo che stimola nello spettatore una percezione non soltanto visiva ma anche tattile.
Il titolo dell’opera entrata nella collezione del Madre con il progetto Per_formare una collezione, Aluminum ∑ 21, enuclea tutti gli elementi che la compongono: non soltanto il materiale (ovvero l’alluminio) ma anche il procedimento sommatorio che sta alla base della composizione. In matematica il simbolo ∑ (la diciottesima lettera dell’alfabeto greco) indica la sommatoria: le 231 unità – tutte uguali tra loro – che costituiscono la scultura sono disposte in 21 configurazioni spaziate fra di loro, in modo che ciascuna di essa contenga un numero di unità progressivo da 1 a 21.
Una parte meno conosciuta al grande pubblico della produzione di Andre è quella relativa ai componimenti poetici realizzati tra gli anni Cinquanta e Settanta. Per lo più composti con la macchina da scrivere, i suoi poemi hanno un profondo legame con la pratica scultorea: se nelle sculture i materiali come le lastre e i blocchi di pietra sono organizzati in composizioni modulari, nelle poesie sono le parole e le frasi ad essere ripetute e combinate fino a comporre testi che assumono forme geometriche.
Anche il linguaggio, come i materiali della scultura, diventa un’unità modulare concreta che esiste al di fuori della sua funzione descrittiva e narrativa: basti pensare alla ripetizione della medesima parola e alla soppressione della distanza tra le parole. Si verificano, in questo modo, una sovrapposizione e una forma di ambiguità tra l’azione della lettura e la percezione visiva, così come accade nelle sculture a terra, in cui l’atto del calpestio si fonde con la comprensione dell’opera d’arte come dato plastico.
[Alessandro Rabottini]