Four Rooms è una mostra di gruppo cadenzata in quattro tempi diversi, che dà la possibilità a cinque giovani artisti napoletani – Luca Mattei e Carlotta Sennato, Giulio Delvè, Corrado Folinea, Celesta Bufano – di presentare propri lavori all’interno di un contesto pubblico e museale.
Four Rooms è, dunque, anche uno studio sul territorio, che intende proporre un confronto tra linguaggi complementari: quello dell’immagine e quello della parola scritta. Le quattro mostre sono infatti affiancate dai testi di altrettanti studenti della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Napoli “l’Orientale”, scelti dalla professoressa Rossella Bonito Oliva per cimentarsi con la ricerca e l’immaginazione di artisti loro coetanei.
Room 4
Celesta Bufano, Living room, 2008
testo di Fortuna Del Prete: …Tra soffocamenti e prese d’aria…
Una composizione al ritmo dei canti delle donne africane quella realizzata da Fortuna Del Prete, un modo per provare a entrare nel mondo vorticoso dell’artista e provare a fermarlo per un attimo raccontandoci cosa è riuscita a scorgere leggendo i suoi pensieri che vanno al contrario.
…Mi vidi costretta a sedere sul divano pulito, rammendato con arazzi meravigliosi. Colpirono gli occhi di tutti. E poi la musica era favolosa. Favolosa etnica popolare radicale viscerale povera.
Tutto pieno, una stanza. Una stanza un giardino un paradiso. Il Paradiso dei Pochi. Ma popolare. Entrare in uno spazio e riempirlo tutto, di luci, di colori, di fogli, carte pennelli foto bambole presente passato scrivania computer….ahhhhhh…bello…ma mi soffoca.
Disagio. Troppo pieno. Troppo tutto. Troppo.
Hai un paradiso. Hai la terra. Hai uno sguardo panoramico. Un terzo occhio. E movimenti che danno l’idea di un perenne stato d’eccezione. Foto. Stop. Foto. Stop.
Dietro la casa che ci sarà? Dietro la stanza che ci sarà? Ci sarà un dietro? Si si si. Togliti le scarpe, vai con i piedi nella terra bagnata fertilizzata pesante. Che tiene i piedi legati, il corpo immobilizzato. A pensarci bene, resterei qui, in questo paradiso. Sembra una pazzia, ritagliarsi una stanza, una stanza tutta per sé, fuori dal tempo. Dove il pane lo faccio con le mani e l’odore dei mandarini e dei limoni e del basilico mi inebria. Assuefatta tanto quasi da dover scappare. Magari dietro un albero o sopra un albero, sentire la bellezza di un solo momento e la sua precarietà.
Per poi cadere.
La corda era troppo allentata, il gioco non è andato molto bene. Il rischio è stato troppo. Potevo farmi male. Naaaa. Il terreno è bagnato, pieno d’acqua, la terra mi avrebbe trattenuta mi avrebbe cullato. “Ogni posto è come casa”, in fondo, o forse è una nuova casa. Ti ci vuole sempre un po’ di tempo per abituarti agli odori delle case. Casa, dolce casa. Sento odore di casa, questa maglia sa di casa, mmm…il cibo. Casa. Familiarità. Ricercarla nei gesti degli altri e negli sguardi dell’altro che ti sfiora mentre arriva dalla direzione opposta alla tua, stesso lato, stesso passo, di chi si incontra negli “spostamenti”. Torni a casa. La casa, la tua casa. Dove c’è la stanza. Un falso disordine, una regola da comporre. Confondo e sovrappongo. Mi diverto. A metà tra un album fotografico tridimensionale e immagini immaginate archiviate ma esposte. Sarà questo fumo, o forse una volontà di ricostruire sempre un viaggio mentale e di restituirlo a chi mi viene a trovare in questo angolo di paradiso. Io ti invito sai, ti faccio rotolare tra le mura della stanza e inventare tutto di nuovo, da capo, ti lascio creare il tempo del tuo viaggio, ti porto per mano nelle allucinazioni del viaggio.
Se vuoi, ho un po’ di musica…
Duerme, duerme negrito
Que tu mama estas nel campo, negrito
…trabajando, trabajando duramente
Trabajando si
Trabajando e no le pagan…
Por negrito chiquitito, por negrito si
Apumba chicapumba chicapum
Ogni viaggio è guidato da una melodia primordiale, come lo sfondo della ricerca e della sperimentazione, della creazione più immediata. Scandisce il ritmo delle azioni, dà un senso ai pensieri e alle emozioni. Il cammino esperenziale soggettivo ha una forte attrazione per quello che sta aldilà, ma si nutre, in una forma quasi primitiva, di quello che è stato, che non abbiamo conosciuto a fondo e solo annusato. Il piacere di partire dall’immaginazione, di decostruire formule di vita comune, continuamente stare nel gioco della vita, nel giogo emotivo della vita, sul filo dell’acrobata, sulla terra degli uomini, tra soffocamenti e prese d’aria, tra gli e – e e gli o – o.
Intravedere l’orizzonte e arrivarci.
Ieri sera sono caduta dalla bicicletta. Mi sono sbucciata i gomiti e graffiata il naso, le mani stavano bene, solo un po’ arrossate. La mia casa era lontana. Le gambe non mi reggevano un granché.
Ieri sera sono andata a letto tardi. Ho perso Tempo.
E’ che stavo rotolando nelle forme colorate dei miei occhi chiusi.