Jimmie Durham: humanity is not a completed project | Sala 14

L’esplorazione di Durham della semiotica dell’architettura procedeva parallelamente a una critica dei media e dei generi dell’arte europei storicamente consolidati. Osservando le forme codificate della scultura europea, ha iniziato a unire il metallo con la roccia come critica all’uso violento di strumenti di scultura in metallo su blocchi di marmo o di altre pietre. In una delle azioni più celebri, documentata nel video qui riportato, Stoning a refrigerator, eseguita a 1996 nel FRAC Champagne-Ardenne, Rheims, un anonimo frigorifero viene trasformato nella scultura di un martire, St. Frigo. Nel 1997 a Viafarini, Milano, nell’ambito di un workshop intitolato Invitation to a pointless investigation, distrugge una lattina di salsa di pomodoro con un sasso, creando uno schizzo rosso. È qui che nasce la sua esplorazione dell’uso della pietra per trasformare altri materiali, come nella lunga performance Smashing del 2004, e soprattutto attraverso la distruzione di una serie di veicoli con grandi rocce, iniziata alla Biennale di Sydney nello stesso anno.

 

Durham intendeva l’arte come una forma di indagine. Sfidava l’arte con l’anti-arte per metterne in discussione le definizioni circostanziali e consensuali e alludeva a certe opere e figure della storia dell’arte europea e nordamericana (come Marcel Duchamp, Constantin Brancusi, Luciano Fabro e Réné Magritte nelle opere in mostra). Il suo approccio spesso umoristico e affettuoso gli ha permesso di evitare critiche dirette o moralismi. In uno dei suoi saggi scriveva: “Voglio che tutta l’arte sia politica”, riferendosi al potenziale dell’arte di riunire posizioni diverse e di mettere in discussione le convinzioni esistenti.

Jimmie Durham: humanity is not a completed project, veduta della mostra al Madre, 2023. Foto di Amedeo Benestante