Il Comune di Bari e la Fondazione Donnaregina per l’arte contemporanea sono lieti di presentare, dal 27 gennaio al 30 marzo 2014, la mostra Vettor Pisani. Eroica / Antieroica. Una retrospettiva, che integra, quale sua componente essenziale, la retrospettiva dell’artista in corso presso il Madre di Napoli, fino al 24 marzo 2014. Le due mostre, insieme, costituiscono la prima e la più completa retrospettiva, per ampiezza e completezza delle opere, mai dedicata a uno dei più importanti artisti italiani contemporanei, Vettor Pisani (Bari, 1934- Roma, 2011).
A partire dalla prima mostra nel 1970 alla Galleria La Salita di Roma (Maschile, Femminile e Androgino – Incesto e Cannibalismo in Marcel Duchamp) e dalla sua prima mostra personale in un’istituzione pubblica tenutasi al Castello Svevo di Bari nello stesso anno (e dedicatagli in qualità di artista vincitore del Premio Nazionale Pino Pascali), Vettor Pisani si è affermato non solo come uno dei testimoni e dei più importanti esponenti della ricerca artistica degli ultimi cinque decenni, ma come un autore fra i più personali, provocatori e visionari della sua generazione, vero e proprio precursore, che ha unito l’investigazione concettuale all’ironia, il mascheramento alla ricerca della verità, la grande Storia alla cronaca, l’assoluto al banale, il sacro al profano, l’arte del passato alle lacerazioni del presente. Con la partecipazione ad alcune fra le più importanti mostre degli anni ’70, fra cui Amore mio (1970), Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960-70 (1970), Documenta V (1972), Contemporanea (1973-1974), Settimana internazionale della performance alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna (1977), nonché con le otto partecipazioni alla Biennale di Venezia, dal 1972 al 1995, Pisani emerge con la statura di un artista di cui appare urgente riaffermare oggi l’importanza, anche in relazione alle pratiche artistiche successive.
La mostra al Teatro Margherita di Bari completa quella al Madre di Napoli, e ne rappresenta l’ideale continuazione, approfondendo in modo particolare la matrice teatrale e performativa della pratica artistica di Pisani, in considerazione anche dell’originale destinazione del Margherita, teatro liberty affacciato sul mare. Il teatro e l’acqua che, fra i quattro elementi, è quello con cui Pisani identificava la sua stessa arte, sono dunque i due elementi su cui è costruita la mostra barese. La mostra inoltre ricostruisce, attraverso un’ampia documentazione, la prima mostra in un’istituzione pubblica dell’artista, ovvero quella tenutasi nel 1970 al Castello Svevo di Bari, in qualità di vincitore del Premio Pascali, assegnatogli dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Tra l’altro in mostra a Bari verrà ricostruita per la prima volta la pedana della performance Melanconica Pot. La tartaruga più veloce del mondo, presentata appunto a Bari nel 1970, e che permette, come altre opere in mostra, di ricostruire anche la stringente relazione fra l’arte di Pisani e la simbologia del mondo animale e naturale.
Tutta la ricerca dell’artista si situa in modo fluido oltre i confini che dividono fra loro discipline quali arte, poesia, musica, architettura, filosofia, politica, psicoanalisi, scienza (comprese scienze occulte: simboli massonici ed ermetici, riti alchemici, dottrina rosacrociana), trovando proprio nella personale messa in scena teatrale e nell’adozione di un linguaggio performativo e narrativo la sua sintesi più compiuta. Il nome adottato da Vettor Pisani per indicare questa sintesi di matrice teatrale della sua arte è R.C. Theatrum – ovvero teatro “rosacrociano” – la cui prima formulazione è presentata alla Biennale di Venezia del 1976 e che verrà successivamente approfondita dall’artista in diverse versioni, fra cui Il Teatro di Edipo, Il Teatro della Vergine, Il Teatro della Sfinge, Il Teatro di Artisti e Animali, Il Teatro di Cristallo, /Virginia con i pesci rossi. I “Rosa Croce” sono un leggendario ordine fondato nel XV secolo, unendo religione cristiana e misteri egiziani, ed identificato nei secoli successivi con simboli della rosa e della croce. Quella che dal XVII secolo era conosciuta come “Società dei Rosa Croce” fu, più che un gruppo reale, una corrente di pensiero in cui si fondevano pratica dell’alchimia e pratiche occultistiche, misticismo ed ermetismo. Circondato dal mistero, il movimento ebbe comunque larga eco nei secoli, mentre dal XVIII secolo la sua storia si intreccia con l’origine della massoneria. Per Vettor Pisani la simbologia rosacroce acquisisce valore sia formale (l’impianto a semicroce dell’R.C. Theatrum) sia soprattutto concettuale, a indicare un’ideale fusione di molteplici interessi e forme culturali, che configurano R.C. Theatrum come un museo ideale di tutti i saperi, l’articolazione dello spirito e della conoscenza umana. Un teatro quindi che è un tempio di tutte le arti, della memoria, della storia, una relazione fra stati o entità opposte (umano e animale; uomo e donna; vita e morte; umano e divino; eroe e antieroe), una soglia spazio-temporale fra epoche differenti, una rappresentazione della modernità e delle sue contraddizioni, una speculazione espressa attraverso l’ordinarietà del quotidiano, una scenografia per la discussione di questioni morali imprescindibili quanto insolubili e, infine, un museo dell’inevitabile distruzione e costante ricostruzione dell’arte, ovvero il luogo d’espressione di un’arte in perenne trasformazione, senza soluzione di continuità fra le diverse opere in cui si manifesta.
L’arte di Vettor Pisani, in modi bizzarramente dissonanti e spesso auto-ironici, “ci fa vedere l’indicibile”, come scriveva l’artista stesso, ovvero svela il rimosso della storia, sonda le profondità del senso delle cose, mette in immagine le idee dei filosofi, le visioni dei mistici, le illusioni del teatro, le finzioni della scrittura, i sogni e incubi della nostra psiche. In questa esplorazione Pisani coniuga su di sé figura e destino sia dell’eroe che dell’antieroe, identità frammentaria richiamata nel titolo della mostra sia a Bari che a Napoli, che diviene metafora di un’umanità corrotta nel caos di una contemporaneità che se ha smarrito l’essenza della conoscenza e l’impronta stessa dell’umano, rimane nondimeno pervasa da un anelito rigeneratore, da una tensione alla forza onirica dell’immaginario, da un’insopprimibile ansia di significato, di unità, di bellezza.
Riunendo per la prima volta sia opere (alcune delle quali provenienti da collezioni baresi) che un essenziale corredo di documentazione, la mostra a Bari insieme a quella di Napoli permettono, quindi, di comprendere il valore seminale di una ricerca assolutamente unica e riproporre la straordinaria attualità di un artista radicalmente contemporaneo.