Eugenio Tibaldi, Questione d’appartenenza, 2015. Immagine d’allestimento. Foto © Luisa Pinto.

Questione d’appartenenza. Il documentario

Lunedì 18 gennaio 2016, alle ore 18.00, verrà presentato al pubblico il documentario di Lorenzo Cioffi a chiusura del progetto dell’artista Eugenio Tibaldi dal titolo Questione d’appartenenza, a cura di Fabrizio Tramontano, realizzato nel corso di un workshop con alcuni studenti del Liceo-Ginnasio “ G. B. Vico” di Napoli. Oltre al regista, all’artista, al curatore, saranno presenti il presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee Pierpaolo Forte e il direttore del Madre Andrea Viliani.

Venti minuti per raccontare la nascita dei cinque arazzi su carta descrittivi di una psico-geografia di alcune aree del centro storico di Napoli che sono stati esposti per una settimana al Madre e realizzati all’interno di un workshop sulla lettura del territorio e delle sue periferie, condotto presso il liceo “G.B. Vico” di Napoli, nell’ambito di una convenzione stipulata tra scuola e museo, sul modello alternanza scuola-lavoro, sotto la supervisione della dirigente Maria Clotilde Paisio e il coordinamento delle docenti Luciana Soravia, Giovanna Pastore e Ileana Passerelli.

Le opere e l’intero progetto sono nati dopo un anno di residenza nel centro storico di Napoli dell’artista Eugenio Tibaldi che, nel tentativo di cogliere la “porosità” dei luoghi, ha identificato quattro distinte aree geografiche (Quartieri Spagnoli, Centro storico-Forcella, Sanità, Materdei-Montesanto), in cui una porzione consistente di popolazione residente vive con regole alternative a quelle ufficiali, all’interno di un disordine solo apparente che risponde, in realtà, ad un preciso apparato strutturale micro-sociale.

Nel documentario si alternano i contributi dell’artista Eugenio Tibaldi che spiega la genesi del progetto, quelli del direttore del Madre Andrea Viliani, del filosofo Giuseppe D’Anna e dello scrittore Tommaso Pincio alle immagini dei trenta studenti del IV e V ginnasio, divisi in cinque gruppi, che utilizzando il proprio smartphone (strumento del tempo, ma anche di coesione sociale, che annulla le differenze di status), hanno fotografato edicole votive, porte di accesso ai ‘bassi’, finestre, cassette per le lettere, stendipanni, paletti, tubi dell’acqua, cavi, condizionatori, insegne, graffiti e necrologi.

Più di 24mila immagini, in un’area di 9 chilometri quadrati, da cui sono stati selezionati gli scatti per la composizione di collages poi ricomposti nei cinque grandi arazzi di carta di Eugenio Tibaldi: tende forate usate come filtro attraverso cui guardare la complessità del mondo informale, un enorme ricamo traforato su carta fragile, una lente per guardare non il singolo dettaglio, dal puro valore storico-documentale, ma capace di restituire un’immagine globale, un archivio visivo del centro storico di Napoli, in grado di raccontarne i fenomeni sociali ed estetici. Un luogo in cui il confine fra formalità e informalità, legalità ed illegalità non è più così marcato, in cui il vuoto istituzionale viene colmato da un caos funzionale e funzionante che modifica la percezione degli spazi, rendendoli elastici e mobili, annullando il confine fra pubblico e privato, fra interno ed esterno.