Lunedì 30 maggio, ore 18.00
Conversazione tra:
Emilio Vavarella, artista e ricercatore
Gianluca Riccio, curatore
Giuliana Bruno, storica dell’arte e docente ad Harvard
Intervengono:
Angela Tecce, Presidente Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee
Kathryn Weir, Direttrice artistica museo Madre
Renato Lori, Direttore Accademia di Belle Arti di Napoli
Dal 28 maggio al 6 giugno il Madre, museo d’arte contemporanea della Regione Campania, presenta l’installazione dell’artista Emilio Vavarella Amazon’s Cabinet of Curiosities (Algorithmic Inquiry n.4), a cura di Gianluca Riccio, frutto di un’attività realizzata con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli nell’ambito della convenzione con la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee.
Lunedì 30 maggio, alle ore 18.00, si terrà una conversazione che vedrà coinvolti l’artista, il curatore e Giuliana Bruno, storica dell’arte e docente ad Harvard. Interverranno Angela Tecce, Presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Kathryn Weir, Direttrice artistica del museo Madre, e Renato Lori, Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Con Giuliana Bruno e Gianluca Riccio, Emilio Vavarella si confronterà sulla relazione tra virtualità e materialità, sui meccanismi invisibili del potere tecnologico e sui limiti e le potenzialità della creazione artistica in un mondo, come quello attuale, saturato da agenti non umani autonomi. L’ingresso all’evento sarà gratuito e fino ad esaurimento posti disponibili.
Assistenti artificiali intelligenti come Amazon Alexa, Microsoft Cortana, Apple Siri e Google Assistant hanno lentamente permeato le nostre vite, imparando ad anticipare i nostri bisogni, a capire come soddisfarli e a influenzare le scelte e gli schemi della vita quotidiana di milioni di persone. Ma cosa accade se la capacità di autodeterminare la propria vita e di scegliere liberamente dove andare, chi incontrare, cosa leggere, ascoltare, comprare, mangiare, divengono azioni sempre più sotto il controllo e la pressione di algoritmi invisibili? Se tutte le nostre scelte sono sempre più predeterminate da algoritmi commerciali, non è forse il concetto stesso di libero arbitrio ad essere messo in discussione dal punto di vista etico, filosofico e politico? Possiamo cioè, davvero dirci ancora liberi – di agire e scegliere – se, ad esempio, i proprietari di quegli algoritmi agiscono al di sopra delle giurisdizioni locali o sono protetti da meccanismi che impediscono a chiunque di esaminare come funzionano effettivamente? E in quest’orizzonte, segnato da un’inversione nei rapporti tra umano e artificiale, per quanto tempo ancora rimarremo liberi di sognare? Liberi di creare? Cosa succede, cioè, se anche la libertà di scegliere che tipo di arte fare, quali materiali utilizzare, quali media adottare, viene lentamente condizionata da modelli algoritmici e influenzata da un panorama culturale sempre più determinato dall’Intelligenza Artificiale?
Con il progetto Amazon’s Cabinet of Curiosities (Algorithmic Inquiry n.4) Emilio Vavarella darà forma a tali riflessioni e preoccupazioni in un allestimento appositamente concepito per gli spazi del museo di via Settembrini. Punto di partenza del progetto è il workshop che l’artista siciliano ha realizzato con un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli durante il quale un insieme di oggetti sono stati acquistati tramite Alexa – l’assistente virtuale sviluppata da Amazon – a partire da una semplice domanda: Mi consigli un prodotto per realizzare un’opera d’arte? Suggerendo un primo prodotto e, a partire da esso, un altro e poi un altro ancora, l’algoritmo ha composto un carrello di oggetti apparentemente scollegati l’uno dall’altro. Ma se dal punto di vista umano quest’insieme rappresenta una concatenazione di imprevisti – non essendo possibile anticipare quale sarà la sequenza di suggerimenti di Alexa, né garantire una coerenza tra i prodotti – dal punto di vista di Amazon esso costituisce invece una sequenza predefinita, dettata da oscuri filtri di corrispondenza articolo-articolo collegati a enormi set di dati e algoritmi ottimizzati per il massimo consumo commerciale. Proprio nello spazio tra apparente imprevedibilità e controllo sistematico, si colloca l’opera d’arte concepita come approdo di un processo integrato e condiviso. L’artista, infatti, guidando gli studenti partecipanti al workshop nella ri-organizzazione e ri-concettualizzazione dei materiali acquistati attraverso l’algoritmo di Amazon, sviluppa modi alternativi di guardare gli oggetti, alla ricerca di connessioni nascoste. L’esito finale di questo percorso sarà formalizzato in una grande installazione nella Sala Madre del museo in cui l’imprevedibile sequenza di materiali scelti dagli algoritmi di Amazon acquisirà un senso sconosciuto al mondo delle macchine e frutto invece della creatività umana.
Riprendendo il modello culturale della Wunderkammer e del “gabinetto delle curiosità” diffuso in occidente a partire dal XVI secolo, Amazon’s Cabinet of Curiosities (Algorithmic Inquiry n.4) propone una riflessione critica sul nostro panorama culturale e commerciale, offrendosi come metafora del capitalismo contemporaneo e dei processi di accumulo del consumismo globale. A partire da una metodologia processuale e partecipata, l’opera di Vavarella combina, in una struttura aperta e in continua espansione, riferimenti alla cultura artistica d’avanguardia – e alla tradizione dadaista in particolare – con l’analisi dei processi di digitalizzazione dell’essere umano.
Emilio Vavarella (Monfalcone, 1989) è un artista italiano che lavora all’intersezione tra pratica artistica interdisciplinare, ricerca teorica e sperimentazione mediatica. Il suo lavoro esplora la relazione tra soggettività, creatività non umana e potere tecnologico, muovendosi senza soluzione di continuità tra vecchi e nuovi media e sfruttando errori tecnici e altre imprevedibilità per rivelare la logica e le strutture nascoste del potere. Tra le sedi che hanno esposto le sue opere: MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo; KANAL – Centro Pompidou; Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo; MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna; Museo d’Arte Contemporanea – Zagabria; Museu de Ciències Naturals di Barcellona, The Photographer’s Gallery di Londra, Museo de Arte de Caldas; Villa Manin; Museo Nacional Bellas Artes a Santiago; Museu das Comunicações di Lisbona, Centro Nazionale d’Arte di Tokyo; Eyebeam Art and Technology Center e Museo di Arte Contemporanea Vojvodina. Ha ricevuto numerosi premi e borse d’arte, tra cui l’Exibart Art Prize (2020); Italian Council (2019); Premio Fattori Contemporaneo (2019); SIAE – Nuove Opere (2019); la sovvenzione NYSCA Electronic Media and Film Finishing Funds (2016); il Premio Francesco Fabbri per l’Arte Contemporanea (2015) e il Movin’Up Grant (2015). È stato invitato a presentare il suo lavoro a: Harvard Advanced Leadership Initiative; Istituto Italiano di Cultura – New York; ISEA – Simposio Internazionale sulle Arti Elettroniche; Goldsmiths University di Londra; l’Università di East London; la Scuola dell’Art Institute di Chicago; e SIGGRAPH. Attualmente è PhD candidate e Teaching Fellow in Film and Visual Studies + Critical Media Practice presso l’Harvard University, ed Artist in Residence presso il Broad Institute di Harvard e MIT.
Giuliana Bruno è Professore Ordinario di “Visual and Environmental Studies” presso l’università di Harvard. È nota a livello internazionale per la sua ricerca che esplora le intersezioni tra arti visive, architettura e media. Il suo libro Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema (nuova edizione Johann & Levi, 2015) ha ricevuto il premio Kraszna-Krausz come “miglior libro nel mondo sulle immagini in movimento”, lanciando la teoria filosofica della geografia emozionale. È inoltre autrice del pluripremiato Rovine con Vista (Baldini & Castoldi, 1995, in ristampa Quod Libet), di Pubbliche intimità: Architettura e arti visive (Bruno Mondadori, 2007) e di Superfici: a proposito di estetica, materialità e media (Johann & Levi, 2016). I suoi numerosi saggi sull’arte contemporanea sono pubblicati in volumi editi, tra gli altri, dal Guggenheim Museum, MAXXI, Whitney Museum, Museo Reina Sofia e Museum of Modern Art (MoMA). Il suo ultimo libro è Atmospheres of Projection: Environmentality in Art and Screen Media.
Gianluca Riccio è storico dell’arte e curatore d’arte contemporanea. Ha insegnato Storia dell’arte contemporanea in diverse Università italiane (Università di Teramo, Università di Roma La Sapienza, Università L’Orientale di Napoli, Università Federico II di Napoli, Università di Salerno). Attualmente è professore di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e docente del Master of Art della Luiss Business School di Roma. Ha curato mostre personali e collettive e progetti di artisti, fotografi e designer italiani e internazionali in fondazioni e musei italiani e stranieri. Per il Museo Madre di Napoli ha curato il ciclo di incontri Identità e trasformazione (ottobre – dicembre 2014), la mostra 1977 – 2018 Mario Martone Museo Madre (giugno – ottobre 2018) e co-curato la mostra Alessandro Mendini. Piccole fantasie quotidiane (ottobre 2020 – giugno 2021).