Il seminario Time Capsule, che vedrà protagonista l’artista libanese Akram Zaatari (1966, Sidon, Libano), rientra nell’ambito di Madrescenza, progetto ideato dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee per indagare l’integrazione fra arte contemporanea ed altre forme di conoscenza.
Il seminario proposto è il primo del progetto Madrescenza Seasonal School, sviluppato dalla Fondazione Donnaregina in collaborazione con le Università, Accademie ed altri centri di formazione e di ricerca campani, e volto a creare una sempre maggiore sinergia fra sfera della ricerca e attività artistica. Interrogandosi sulla funzione e l’identità dell’opera d’arte, della mostra, del museo, come della collezione, o del pubblico, il progetto prevede che nuclei di studenti analizzino, insieme ad artisti internazionali, temi di assoluta rilevanza scientifica nel dibattito culturale contemporaneo, approfondendo la propria formazione curriculare e fornendo le loro riflessioni alla genesi dell’arte di domani. Il seminario con Akram Zaatari, come quelli che seguiranno nel corso del 2014, è sviluppato sul modello di scuola temporanea, dove i professori sono gli artisti stessi. L’obiettivo è quello di approfondire le molteplici implicazioni della pratica artistica contemporanea a livello internazionale, operando al di là della funzione classica di museo inteso solo come piattaforma espositiva, ma piuttosto facendo operare il museo come soggetto attivamente integrato nella produzione, riflessione, discussione e mediazione delle varie forme di conoscenza della nostra contemporaneità. In occasione dei questa prima Seasonal School, la Fondazione Donnaregina ha collaborato con l’Università “L’Orientale” di Napoli, in ragione della specifica vocazione che ispira e sorregge sia la mission che l’offerta didattica dell’ateneo rispetto, fra l’altro, agli scenari culturali del MedioOriente.
La proposta didattica prende avvio dalla mostra personale di Akram Zaatari al MAGASIN-Centre National d’Art Contemporain di Grenoble e dall’opera dell’artista intitolata Time Capsule. Come ci racconta l’artista, Time capsule, presentato per la prima volta in occasione della rassegna dOCUMENTA (13) a Kassel nel 2012, si ispira a una decisione compiuta da “Maurice Chehab, fondatore del Museo Nazionale di Beirut, alla vigilia della guerra civile scoppiata in Libano nel 1975-1976. Allorché il quartiere del museo divenne una postazione strategica per le milizie armate, Chehab ordinò di radunare tutti gli oggetti della collezione archeologica del museo e di nasconderli dentro enormi blocchi in cemento armato o dietro finte pareti. Così facendo, gran parte della collezione del museo fu messa al riparo dai danneggiamenti e dal saccheggio, contromisura tanto più necessaria se si pensa che la sede del museo era divenuta un quartier generale per le milizie e gli eserciti attivi nella guerra del Libano tra il 1975 e il 1991”. Time capsule è in sostanza un museo che viene negato alla visita, e persino alla vista, per affermarsi con aumentato potere identitario all’attenzione del pubblico e della comunità in cui opera: è un museo che esiste nel ricordo collettivo, nel commento sociale, nella necessità di continuare ad esistere anche di fronte a scenari di guerra per mantenere la storia, la memoria, la cultura di una comunità. Come sottolineato da Andrea Viliani, in occasione della presentazione del volume che sarà oggetto di studio e di riflessione durante le giornate del seminario, Time Capsule “lascia immaginare (e può quindi potenzialmente contenere) collezioni, mostre, pubblicazioni, conferenze, attività didattiche in cui realtà e finzione, utopia e distopia, così come passato, presente e futuro, sono chiamati, come in un racconto di finzione appunto, a ridefinirsi e integrarsi reciprocamente per permetterci un’esperienza più stratificata, coinvolgente e pregnante della realtà storica in cui siamo immersi”.
Akram Zaatari (Saida, Libano, 1966) vive e lavora a Beirut. Autore di fotografie, video, video-installazioni, performance presentate nei più importanti musei internazionali (a luglio di quest’anno si è inaugurata una sua mostra al MoMA di New York, ha inoltre rappresentato il Libano in occasione della LV Biennale di Venezia, 2013), Zaatari esplora con il suo lavoro la condizione del Libano nel dopoguerra, interessandosi in particolare di questioni legate alla “mediazione” televisiva del conflitto e alla circolazione e produzione di immagini nel Medio Oriente. Zaatari colleziona, esamina e ricontestualizza un ampio spettro di documenti – da nastri magnetici a fotografie a video trovati su YouTube – interrogandosi sul rapporto tra pratica fotografica e relazioni sociali, nonché sul ruolo svolto da tale pratica nella costruzione e nella trasmissione della memoria. È co-fondatore dell’Arab Image Foundation, organizzazione no-profit nata a Beirut nel 1997 per preservare, archiviare e studiare le fotografie provenienti dal Nord Africa, dal Medio Oriente e dalla diaspora araba.