BINTA DIAW

Milano, Italia (1995), vive e lavora a Milano

Binta Diaw, Nero sangue  2020-2022
pomodori vetrificati, pittura acrilica, inchiostro xerox trasferito su cotone| vetrified tomatoes, acrylic paint, transfer of xerox ink on cotton

Courtesy dell’artista | Courtesy of the artist
Photo © Amedeo Benestante

Al centro di Nero sangue risiede il Corpo Nero, immerso in logiche di sfruttamento e controllo in cui il lavoro nei campi di pomodoro rimanda a pratiche di moderna schiavitù. Come afferma James Baldwin, la produzione storica del Corpo Nero è intrisa di dolore e terrore, è la fanoniana experience veçu du Noir, un’esperienza vissuta all’insegna di uno stato di incertezza cronica, che vede l’immagine del proprio corpo negata e cristallizzata dalla sguardo bianco. A questo contesto fanno da cornice colonialismo e fascismo che disumanizzano il Corpo Nero ritraendolo immerso nella vegetazione, di spalle, seduto, circondato da bestiame, immagini in cui emerge la volontà di mostrare una supposta superiorità fisica, mentale e tecnologica della “razza italiana”. Il sangue diventa quindi un elemento centrale della narrazione: il sangue versato e onorato dei “caduti”, coloro che muoiono per difendere la razza e per dare all’Italia quel posto al sole tanto agognato tramite l’appropriazione indebita di terre e risorse, la creazione di campi di concentramento, l’uso di torture e armi chimiche. Il sangue però è anche quello che unisce e concede cittadinanza alle bambine e ai bambini neri nati in colonia, ius sanguinis, diritto di sangue. Il sangue è oggi l’elemento escludente, quello che impedisce a migliaia di persone nate/arrivate e cresciute in Italia di essere cittadini di questo paese. E il sangue è anche quello versato dal Corpo Nero, piegato nei campi a raccogliere pomodori, un corpo che muore per mancanza di acqua potabile, per mancanza di cure sanitarie, arso negli incendi causati da situazioni di pericolo in alloggi fatiscenti, o per condizioni di lavoro illegali. Corpo, Nero, Rosso, Sangue. Il Corpo Nero ci ha storicamente dimostrato la “fuggitività” (Moten e Harney) come arma di resistenza, come mezzo per spezzare catene, non solo fisiche. Il corpo è usato come mezzo per incidere la propria resistenza. Fuga, lotta, avvelenamenti, lingue segretamente parlate e lingue volutamente tagliate, mutilazioni auto inflitte: le strategie di resistenza nera passano dal corpo che da materia organica diventa corpo politico su cui iscrivere messaggi indelebili. Un corpo sotto minaccia di costante pericolo, eppure, un corpo che si espone e resiste. Questa è l’eredità dei nostri antenati.  Il diritto di avere un Corpo.

– Angelica Pesarini