ANA MENDIETA

L’Avana, Cuba, (1940) – New York, Stati Uniti, (1985)

Il lavoro dell’artista cubana Ana Mendieta mette in discussione le interpretazioni dominanti dell’esistenza umana. Attraverso una serie di azioni corporee messe in relazione con elementi naturali, Mendieta ha incarnato una forma di apprendimento situato e una temporalità lenta, concedendosi ai ritmi della natura e dei rituali. Nell’opera di Mendieta, la questione della rappresentazione viene posta all’incrocio tra racconti personali e la presenza di elementi organici. Nel contesto di questa mostra, il suo lavoro rappresenta un importante precursore delle azioni artistiche e del pensiero critico attuali, in cui il corpo e il femminile esprimono la natura intrinseca dell’essere umano. Nel film Silueta de Arena, una sagoma del corpo dell’artista realizzata con la sabbia viene lentamente erosa dall’acqua, fondendo il corpo con il paesaggio. L’opera fa parte della serie di performance “earth-body”, in cui l’artista riproduce delle sagome del proprio corpo con elementi naturali, rivelando il suo interesse per una dimensione ritualistica di fare arte e la sua percezione della terra come uno spazio sacro. Nella serie fotografica Burial Pyramid la pratica artistica e la metodologia relazionale dell’artista si rivolgono al mondo naturale, alla memoria e all’archeologia. Nell’estate del 1974, l’artista ha documentato la fusione del suo corpo con la terra, come una forma di testimonianza materiale della presenza storica di una tomba azteca, ritrovata nel sito archeologico di Yagul, in Messico. Le narrazioni frammentate di queste opere testimoniano un senso di precarietà organica e spirituale all’interno della materia stessa. Siti archeologici, suolo, terra, acqua e sangue entrano a fare parte di questo processo di simultanea resistenza e scomparsa, trasformando il corpo dell’artista in un’impronta spirituale, un’immagine dei cicli della natura. Durante la sua infanzia a Cuba, Mendieta rimase affascinata dall’arte delle prime culture umane; l’artista dichiarò nel 1978:

“Sembra che queste culture siano dotate di una conoscenza interiore, una vicinanza con le fonti naturali. Ed è questa conoscenza che dà realtà alle immagini che hanno creato. È questo senso di magia, conoscenza e potere che ha influenzato il mio atteggiamento personale verso il fare arte… Usando il mio corpo come riferimento nella creazione delle opere, sono in grado di trascendere me stessa in una volontaria immersione e una totale identificazione con la natura.”