Judith Hopf, From Down, From Up and In Between, veduta dell’installazione, Fondazione Morra Greco, Napoli, 2012. Foto © Amedeo Benestante | Judith Hopf, From Down, From Up and In Between, installation view at Fondazione Morra Greco, Napoli, 2012, Photo © Amedeo Benestante

Judith Hopf. From Down, From Up & In Between

Dal 22 febbraio al 22 marzo 2013 la Fondazione Morra Greco ospita la mostra From Down, From Up & In Between, la prima personale dell’artista tedesca Judith Hopf in un’istituzione napoletana.

La mostra è parte del progetto espositivo denominato Progetto XXI con il quale la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee si propone di curare, in collaborazione con la Fondazione Morra Greco, l’esplorazione della produzione artistica più recente e intende contribuire a ricercare e mostrare l’arte sperimentale più avanzata e sostenere le nuove idee, i discorsi e le tendenze dell’arte contemporanea.

Alla base della formalizzazione del lavoro di Judith Hopf, un atteggiamento ironico, giocoso e sovversivo che attraverso la scultura, il video, la performance analizza le contraddizioni del vivere contemporaneo definito costantemente da convenzioni sociali. La relazione fra l’individuo, l’oggetto ed il contesto di riferimento diviene il punto focale dell’indagine dell’artista, che considera la sua pratica come un processo collettivo.

La mostra, allestita a Palazzo Caracciolo di Avellino, sgorga dalle riflessioni di Judith Hopf sulla città di Napoli e sulla sua radicatissima cultura, ben rappresentata nella sua essenza dal ribollire delle forze magmatiche al di sotto della città che caratterizzano anche la dicotomia tra una dimensione infernale e paradisiaca, tra le pulsione di morte e potere di vita e bellezza che si configura attraverso una commistione totale delle due sfere. La mostra consiste in un progetto site specific che mira a rappresentare questa dimensione culturale e la tensione che nasce dall’unione di due forze in antitesi.

I tre piani espositivi sono messi in dialogo da una struttura in legno che riprende le puntellature risalenti al terremoto del 1980, ancora presenti in alcuni punti di Palazzo Caracciolo di Avellino. Tali strutture si diramano nei tre spazi per mettere in comunicazione il basso con l’alto nel tentativo di riprodurre la ricchezza archittettonica costuita da statificazioni ed influenze reciproche tra culture e società che contradddistingue la città di Napoli. Al piano terra, la puntellatura fa da supporto a tre dipinti su mattonelle in ceramica che raffigurano delle buffe, benevole ed al contempo spaventose figure antromorfizzate mentre una serie di corde spuntano fuori dal pavimento. La scelta di collocare tali strutture all’interno dello spazio espositivo deriva dal desiderio di rappresentare e descrivere una società a metà fra il crollo delle vecchie strutture di potere economico-sociale e l’affermarsi di nuove ideologie e soluzioni che però faticano a tenersi in piedi autonomamente. Il tutto è insidiato dalle forze che provengono dal basso, i serpenti corda che spuntano dal pavimento bucando il soffitto del piano sottostante.
Le stesse corde che spuntano nel primo spazio espositivo pendono dal soffitto del piano interrato, occupato anche dalla proiezione del video Some end of things: The Conception of Youth, 2011.
Al piano superiore, la struttura lignea che occupa il piano terra attraversa idealmente il pavimento creando una serie di ramificazioni che sottolineano il dialogo fra i tre spazi, come le corde connettono il primo e secondo spazio. Al piano superiore la struttura delle puntellature si ripete inoltre come supporto per una serie di serigrafie dal titolo Sunset Sunrise Sunset che rappresentano il tramonto e l’alba mentre l’ultima sala è occupata dal video The Evil Faerie, già proiettato al Portikus di Francoforte nel 2007.

Il progetto allestitivo della Hopf rispecchia il desiderio di rappresentare una dimensione in bilico costante tra la celebrazione della vita e l’accettazione della morte, mentre la scelta dei soggetti raffigurati richiama la produzione artistica napoletana ricca di molteplici rappresentazioni che costituiscono un memento mori. Parafrasando Freud, sembrerebbe proprio che durante il viaggio nella Napoli di Judith Hopf, trasposta nello spazio della Fondazione Morra Greco, il principio di piacere si ponga costantemente al servizio delle pulsioni di morte per rappresentare una cultura che come ha dichiarato l’artista “avrebbe bisogno di più di una vita intera per essere compresa”.

 

(Testo di Anna Cuomo)