Christian Waldvogel.Veduta dell’installazione, Fondazione Morra Greco, 2013. Foto © Amedeo Benestante | Christian Waldvogel. Installation view, Fondazione Morra Greco, 2013. Photo © Amedeo Benestante

Christian Waldvogel, Eric Wesley

Un nuovo appuntamento con il progetto Hybrid Naples: l’ordine delle idee deve procedere secondo l’ordine delle cose, ciclo di mostre in quattro fasi, a cura di Jörg Heiser.

Per il secondo appuntamento della serie intitolata Hybrid Naples: L’ordine delle idee deve procedere secondo l’ordine delle cose, promosso nell’ambito di Progetto XXI, la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e la Fondazione Morra Greco presentano due progetti personali di Christian Waldvogel (Zurigo) e Eric Wesley (Los Angeles).

Christian Waldvogel, in omaggio al grande filosofo Giordano Bruno che studiò a Napoli, presenta una macchina che produce pianeti mentre Eric Wesley espone l’armatura di un cavaliere prodotta accuratamente attraverso delle specifiche indicazioni dell’artista. In questo modo, entrambi i lavori spingono il progetto non solo in una prospettiva dichiaratamente storica, in una città marcata da 300 anni di confluenze culturali, ma espongono la drammatica fluttuazione tra tempi e spazi apparentemente distanti ed oggetti al contempo storici e contemporanei.

Il titolo del ciclo sgorga da una riflessione sulla città di Napoli come monumento continuamente ricostruito fino al raggiungimento di una forma totalmente ibrida. “La città aperta è come Napoli, la città chiusa è come Francoforte”, ha scritto Richard Sennett nel 2006. Qui Napoli è intesa come una città in continuo mutamento, in cui il processo di adattamento deriva dalla capacità d’improvvisazione dei suoi abitanti, accogliente nei confronti della diversità e della dissonanza (nel bene e nel male) piuttosto che ad un’omologazione sovradeterminata.

Oltre alla raffigurazione dello stato attuale delle cose, l’idea di una Napoli aperta e ibrida deriva dai suoi ultimi 3000 anni di storia: un luogo dove greci, etruschi, romani, spagnoli, tedeschi, olandesi, e molti alti altri hanno lasciato il loro segno.

Come realtà culturale e tecnica, l’ibridità – ossia l’incrocio e la mescolanza di influenze e di elementi culturali diversi – è diventata un fenomeno fortemente accelerato dai progressi tecnologici contemporanei, che spaziano dall’importanza delle comunicazioni sociali fino all’uso della tecnologia digitale e la sua accessibilità da parte degli artisti. L’attuale concetto di ibridità incide in maniera immediata sulla la nostra percezione dell’arte contemporanea, che potenzialmente potrebbe essere qualunque cosa. Tuttavia, l’ampiezza di metodi e di motivi a cui sono aperti gli artisti di oggi non va considerata come pura casualità. Questo concetto viene ribadito dal sottotitolo della mostra: “l’ordine delle idee deve seguire l’ordine delle cose”. Si tratta di una citazione del grande filosofo napoletano Giambattista Vico (1668-1744), tratta dalla sua opera principale, Scienza Nuova, 1725, in cui sostiene che la civiltà si sviluppa in cicli ricorrenti. L’assioma “l’ordine delle idee deve seguire l’ordine delle cose” ci chiede di considerare il fatto che la nostra esperienza comune dà origine a idee condivise, piuttosto che il contrario (un’anticipazione del famoso detto di Karl Marx, “l’essere determina la coscienza”).

Partire da questa riflessione come spunto per la serie di mostre in corso, significa affermare che le idee espresse dagli artisti nei loro rispettivi progetti deriva indissolubilmente dalla loro esperienza di vita e dal suo riflesso nei processi cognitivi – al contrario dell’emersione di idee che siano state concepite in precedenza in modo casuale e calate dall’alto sul luogo, o che siano semplicemente gli esiti di istruzioni prescrittive impartite da un curatore che richiede una rappresentazione dell’ibridità.

 

(Testo di Anna Cuomo)