Teatro Spazio Libero di Vittorio Lucariello

Spazio Libero, 4 oggetti di scena e manifesto (veduta dell’allestimento) da D’altronde sono sempre gli altri che muoiono, 1977. Regia di Vittorio Lucariello, con Mario Martone, Rossella Baldari, Rossana Basile, Carlotta De Fusco. Courtesy Vittorio Lucariello, Napoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Spazio Libero, 4 set objects and poster (installation view) from D’altronde sono sempre gli altri che muoiono / Besides It’s Always the Others Who Die, 1977. Directed by Vittorio Lucariello, with Mario Martone, Rossella Baldari, Rossana Basile, Carlotta De Fusco. Courtesy Vittorio Lucariello, Naples. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.

È il 1974 quando Vittorio Lucariello – poeta, pittore, scrittore, appassionato e studioso di cinema e teatro – decide di aprire una vera e propria factory di matrice warholiana nel cuore della città partenopea. Per caso Lucariello reperisce in via del Parco Margherita un sottoscala composto da tre locali distinti e comunicanti: dopo aver apportato modifiche strutturali trasformandolo in un unico ambiente, sceglie il nome adatto per un luogo che, in quel particolare momento storico e politico, auspicava una più ampia libertà e interconnessione delle varie espressioni artistiche, con l’obiettivo di sensibilizzare la realtà napoletana al teatro sperimentale e d’innovazione: “Spazio Libero”.
Lucariello era appena rientrato da Roma dopo una lunga collaborazione con Giuseppe Bartolucci, il quale lo aveva coinvolto, nel 1973, nell’organizzazione della sezione teatrale di Contemporanea: nella mostra arti visive, architettura, cinema, teatro, musica, danza e fotografia dialogavano grazie ai lavori di artisti internazionali, selezionati dai vari curatori, fra cui Achille Bonito Oliva, Giuseppe Bartolucci, Paolo Bertetto, Alessandro Mendini, Bruno Corà. L’incontro con Bartolucci era stato però preceduto da un’altra amicizia che per Lucariello sarà determinante per il suo futuro impegno culturale: quella, nel 1959, con Renato Caccioppoli, il quale gli trasmette il valore dell’ approccio multidisciplinare all’arte, formulando la necessità di una fusione fra i diversi linguaggi artistici.
Il 18 gennaio 1975 Spazio Libero debutta: va in scena il primo spettacolo, per la regia di Vittorio Lucariello, Lucky Strike, con Alba Primiceri, Serena Macedonio, Teresa di Maio, Francesco Liguori, Franco Silvestri, in cui lo spettatore veniva portato nel mondo simbolico del sogno, in un viaggio nel profondo Sud “a bordo di un cavallo pazzo”. Lo spettacolo riscosse un successo soprattutto di critica e Spazio Libero venne così confermato tra le realtà teatrali italiane più interessanti dell’epoca, come quelle di Spoleto o il Beat 72 di Roma, con le quali il regista iniziò una stretta collaborazione.
A partire da quella data, nel nuovo spazio teatrale napoletano, si contarono dalle quattro alle sei regie all’anno, con la partecipazione di attori emergenti come Toni Servillo e Mario Martone, il gallerista Lucio Amelio, critici come Leo Aloisio, Achille Bonito Oliva, Filiberto Menna, e perfino l’artista americano Andy Warhol il quale, in visita a Napoli per cercare un luogo di esposizione per le sue opere, andò a prendere visione dello spazio.
Nel 1977 Lucariello portò in scena lo spettacolo cardine di tutta la sua visione artistica e poetica: D’altronde sono sempre gli altri che muoiono, lavoro interamente dedicato a Marcel Duchamp e al dadaismo, interpretato da Mario Martone, Rossella Baldari, Rossana Basile, Carlotta De Fusco; seguì poi Rrose Selavy nel 1978, contemporaneamente ad attività multidisciplinari, come mostre fotografiche ed esposizioni di quadri, proiezioni di film, allestimenti di installazioni, tavole rotonde, queste ultime poi confluite nella rassegna Informazione ’78.
Nel 1982 Lucariello approda alla Biennale di Venezia con Città Sahara, riscuotendo un nuovo successo di critica, soprattutto grazie alle pagine di Enrico Fiore su “Paese Sera”. Dalla fine degli anni ottanta Lucariello incentra sempre più il suo interesse sulle sorti del mondo contemporaneo, anticipando con lo spettacolo Prova generale del 2000 i conflitti economici, sociali e politici di fine secolo; la sua ricerca è rivolta al futuro, con un’attenzione particolare al sostegno ai giovani autori e attori, alle problematiche sociali ed alle scoperte scientifiche.
L’allestimento al Madre presenta per la prima volta materiali inediti tratti dall’Archivio di Spazio Libero scelti in modo tale da costituire una serie di contrappunti visivi della storia di questo spazio inteso come esperienza teatrale in cui lo specifico del teatro si fondeva in un unico progetto con arti visive, fotografia, cinema, critica, e che, relazionandosi ora con il contesto della collezione in progress del Madre, mette in prospettiva il concetto stesso di collezione permanente con il dinamismo, la natura performativa e la coesione interdisciplinare delle sperimentazioni artistiche che caratterizzarono, e caratterizzano, la scena culturale napoletana.
In particolare sono stati selezionati oggetti di scena e documenti dei tre spettacoli principali dell’attività registica di Vittorio Lucariello fra il 1975 ed il 1982: Lucky Strike, D’altronde sono sempre gli altri che muoiono e Città Sahara, accompagnati da una proiezione di fotografie inedite di Cesare Accetta, testimonianza più completa dei diversi spettacoli, insieme a due lavori del primo progetto espositivo di Lino Fiorito, NA.NY.NA. del 1980, che rientrava nella rassegna multidisciplinare TEE Milano/Roma/Napoli, che si tenne a Spazio Libero.
Rilievo particolare è stato dato allo spettacolo D’altronde sono sempre gli altri che muoiono, andato in scena nel 1977 e tratto dal testo scritto da Achille Bonito Oliva, pubblicato l’anno precedente, sulla vita di Marcel Duchamp. Di questo intervento teatrale, che prende il nome dall’epigrafe tombale dello stesso Duchamp, è stata ricostruita completamente la scena, con gli oggetti conservati nell’Archivio di Spazio Libero che, insieme, costituiscono una presentazione degli elementi più significativi e iconici dell’arte duchampiana, come la ruota di bicicletta, l’orinatoio, la gabbia, che, nelle mani del giovane attore Mario Martone, divenivano in scena veri e propri protagonisti parlanti.

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