Walid Raad

Preface / Prefazione

11.10.2014 — 19.01.2015

La prima mostra in un’istituzione pubblica italiana dedicata a uno dei più importanti artisti contemporanei emersi nell’area mediorientale, Walid Raad.

Orari e biglietti

Il Madre ospita la prima mostra personale dedicata da un’istituzione pubblica italiana al lavoro di Walid Raad (Chbanieh, Libano 1967), una delle voci più originali e autorevoli della scena artistica del Medio Oriente.

A Napoli, una città affacciata sul Mediterraneo, Walid Raad ha concepito una mostra su temi di stringente attualità e di profonda urgenza: l’incidenza della guerra in un contesto pubblico e privato; la veridicità del documento storico; le dinamiche che presiedono alla formazione della memoria individuale e collettiva; la natura intima dell’esperienza artistica nei confronti dell’influenza pervasiva della politica e dell’economia; il ruolo dei musei oggi, con particolare riferimento al contesto arabo. Tenendo in equilibrio narrazione e documentazione, critica e affabulazione, storia e finzione, come le dimensioni del passato, del presente e del futuro, la pratica artistica di Raad – attraverso opere video e fotografiche, installazioni e opere testuali – esplora e oltrepassa la cronaca mediatica per approfondire una concezione della società, della storia e dell’arte che le decostruisce, restituendocele attraverso nuove, possibili narrazioni critiche.

La mostra è allestita in due differenti spazi espositivi del Madre, dedicati a due diversi cicli di opere: la grande sala Re_PUBBLICA MADRE al pianterreno e un’intera ala del museo al secondo piano.
Al pianterreno è presentata un’ampia selezione di lavori dal ciclo Scratching on Things I Could Disavow (“Appunti su cose che potrei rinnegare”), iniziato nel 2007 e tuttora in corso. Questo progetto prende l’avvio da una serie di fenomeni artistici, politici ed economici emersi nel mondo arabo negli anni più recenti: il suo affacciarsi sulla scena artistica mondiale, il crescente interesse da parte del mondo occidentale per la sua produzione artistica e culturale, le relazioni che hanno condotto musei occidentali come il Louvre e il Guggenheim a progettare sedi di imminente apertura ad Abu Dhabi (una delle tante capitali culturali che stanno emergendo nel Golfo Persico), la creazione artificiale di una cultura araba contemporanea, profondamente influenzata da meccanismi sociali di rilevanza mondiale. Scratching on Things I Could Disavow indaga infatti i modi in cui questi processi stanno cambiando la percezione e la consistenza stessa della cultura araba contemporanea e quindi il suo possibile impatto sulla cultura contemporanea globale. Nel lavoro di Raad le istituzioni culturali e il sistema dell’arte non sono rappresentati come luoghi “neutri” ed estranei alla cronaca e alla storia ma, al contrario, come strutture che – attraverso le loro decisioni in materia di display o di commento estetico e critico – rivelano e celano i movimenti culturali, i flussi economici e gli interessi politici che le circondano e le influenzano. Attraverso fotografia, video e scultura, Raad esplora la natura dell’oggetto d’arte e le trasformazioni dei suoi significati nel tempo e nello spazio, analizzando il campo della cultura come uno spazio di conflitto, di negoziazione e di compromesso.

Con questo progetto Raad espande la tradizione della cosiddetta “Critica Istituzionale” che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, ha riunito artisti europei e americani come Michael Asher, Marcel Broodthaers, Daniel Buren, Fred Wilson e Hans Haacke, accumunati dalla riflessione sulla natura delle istituzioni museali, sulle narrazioni che esse producono, sulle forze politiche, economiche e sociali che esse esprimono e sulla loro funzione di produttrici di conoscenza. Il lavoro di Raad evoca inoltre, nella sua riflessione sull’atto del mostrare e sull’atto del guardare, il concetto di arte come spazio scenico della rappresentazione, che ritroviamo nell’opera di un artista come Giulio Paolini. Raad ci mostra quindi che le opere d’arte sono sempre oggetti in costante mutazione, veri e propri ricettori di relazioni multiple: nella loro natura ibrida e accogliente esse attraversano il tempo, lo spazio, le differenti tradizioni culturali e modalità espositive e interpretative, e, così facendo, i loro significati, così come le loro forme, i loro colori, la loro stessa consistenza, si trasformano continuamente. Popolandosi di immagini ipotetiche e fantasmatiche, di ombre e di riflessi, di visioni oblique e sovrapposte, fluttuanti fra spazi e tempi differenti, la mostra diventa così metafora non solo di un incontro fra culture molto più complesso rispetto ai paradigmi attuali del cosiddetto “multiculturalismo”, ma anche di un museo (ideale) in grado di accogliere e far risaltare appieno l’irriducibile ricchezza, e quindi ambiguità, di ogni esperienza estetica e conoscitiva.

La mostra prosegue al secondo piano di Palazzo Donnaregina, dove è esposta un’ampia selezione di opere di The Atlas Group, il progetto cui l’artista si è dedicato dal 1989 al 2004 e attraverso cui Raad ha esplorato gli effetti politici, sociali, culturali, psicologici ed estetici delle drammatiche guerre che hanno afflitto il Libano negli ultimi decenni. The Atlas Group si presenta come un archivio che riunisce documenti storici e immaginari di diversa natura (fotografici, testuali e audio-visuali). Per quanto attribuiti a personaggi realmente esistiti, in realtà questi documenti sono il frutto della creazione dell’artista stesso, un ibrido fra ricerca d’archivio e narrazione.

Con The Atlas Group Raad utilizza frammenti di eventi storici per comporre documenti immaginari e narrazioni sul protrarsi delle guerre in Libano. Il suo archivio è, in un certo senso, composto di sintomi isterici collettivi al contempo potenziali e realistici. In questo modo, questo archivio ci mostra come eventi di estrema violenza fisica e psicologica aprano uno spazio fra il vissuto e l’esperito che potrebbe essere suturato, occasionalmente, solo dalla finzione (intesa anche come risultato di una rimozione personale o di un trauma storico). Di certo una delle imprese artistiche più rilevanti e influenti degli ultimi due decenni, The Atlas Group non è solo un affresco sulla storia contemporanea libanese ma, anche e soprattutto, un commento sul concetto stesso di narrazione storica come negoziazione e compensazione, per il quale vale l’assunto della filosofa tedesca Hannah Arendt: “le menzogne politiche moderne si occupano di cose che non sono segrete, ma al contrario sono conosciute praticamente da tutti. Questo è evidente nel caso della fabbricazione [manipolazione] di immagini, perché un’immagine non è fatta semplicemente per migliorare la realtà, ma per offrire un completo sostituto di essa”.

Nelle opere in mostra al secondo piano, Raad ci ricorda che le opere d’arte, come i documenti storici, non hanno valore solo per quello che rivelano, ma anche per ciò che nascondono, o evocano, e che non smettono di avere valore anche quando sono distrutte, manipolate o fraintese. Raad costruisce così un contesto libero e liberatorio – oscillante fra documentario e fictional – che invita gli spettatori a interrogarsi sull’“immediatezza dei fatti” e, in ultima analisi, sul concetto di “responsabilità” insito nella condizione stessa di spettatore e, quindi, di testimone.

In occasione della mostra Preface/ Prefazione – coprodotta dal Madre con Carré d’Art-Musée d’art contemporain, Nîmes – il museo ospiterà eventi e incontri, attraverso i quali approfondire la conoscenza della scena culturale e delle dinamiche socio-politiche di un’area al centro della cronaca e al contempo in piena espansione quale appunto il Vicino e Medio Oriente, particolarmente rilevante per un’area affacciata sul Mediterraneo come la Regione Campania e la città di Napoli.

Walid Raad è nato nel 1967 a Chbanieh in Libano, vive e lavora fra Beirut e New York, dove insegna alla Cooper Union for the Advancement of Science and Art. Mostre personali gli sono state dedicate dalle più prestigiose istituzioni internazionali come la Kunsthalle di Zurigo e il Bildmuseet di Umea nel 2011, la Whitechapel Art Gallery di Londra nel 2010, il Museo Nacional-Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e la Fondazione Antonio Ratti di Como nel 2009, il Museo Tamayo Arte Contemporaneo di Città del Messico nel 2007 e la Nationalgalerie im Hamburger Banhof di Berlino nel 2006. Walid Raad ha inoltre preso parte alla Documenta di Kassel nelle edizioni del 2012 e del 2002, alla Biennale di Sharjah nel 2011, alla Biennale di Sydney nel 2006, alla Biennale di Venezia nel 2003 e alla Biennale del Whitney del 2000. La sua ricerca sarà oggetto di un’ampia mostra monografica che il MoMA-Museum of Modern Art di New York gli dedicherà nel 2015.