Claude Closky

Climb at your own risk

25.02 — 01.05.2007

Nel cuore dell’antico palazzo Donnaregina l’artista francese Claude Closky presenta un’opera inedita, Climb at your own risk.

Orari e biglietti

Una serie di “gradini”, simili alle scalette utilizzate nelle biblioteche, conducono verso lo spazio, salendo dal cortile centrale del Madre, proprio al di sopra della Project Room, in cui viene proiettato Manège, l’installazione video che Claude Closky ha esposto di recente al Centro Pompidou in occasione del Premio Marcel Duchamp.

Nel cuore dell’antico palazzo Donnaregina, rinnovato dalla mano dell’architetto Alvaro Siza, Claude Closky presenta nel cortile un’opera inedita, Climb at your own risk. Nella sala polivalente, letteralmente “coperta” dall’area del cortile, sedici schermi trasmettono in ordine casuale migliaia di immagini di azioni elementari, rappresentate come tante sequenze narrative in un movimento rotatorio simile a quello delle lancette di un orologio. Climb at your risk si intreccia con Manège, e ne propone una “traduzione” che si avvicina alla storia della scultura e a quelle del ready-made e dell’arte performativa. L’opera che dà il titolo alla mostra ci ricorda anche, in una ironica versione casalinga, le numerose levitazioni che punteggiano la storia della rappresentazione nella tradizione occidentale e cristiana.

In effetti, le dieci scalette che compongono Climb at your own risk offrono allo spettatore la possibilità di elevarsi da terra, ma piuttosto che promettergli un qualche beneficio spirituale o magico, la frase (ripresa da un comunicato di utilità pubblica) riportata su ciascuna scaletta ricorda a chi sale che è totalmente responsabile della sua partecipazione. In questo modo lo spettatore potrà godere di una vista dall’alto, pur restando sul fondo di un cortile di una sobrietà monacale.

L’ascesa potenziale è “en kit”, un anglicismo che si può tradurre come “prêt-à-monter”, cioè pronta per salirci, ed è disponibile in sette formati diversi, che non superano mai i 2,26 metri di altezza. Ha chiaramente un significato simbolico che non altera in alcun modo la dimensione formale e ideologica della questione. In realtà, se gli spettatori decidono di salire, il loro sguardo non potrà mai andare al di là del primo piano del museo, non raggiungerà i suoi tetti né la vista mitica che si apre sul golfo di Napoli e verso il Vesuvio.

Al contrario, Climb at your own risk sarà visibile ai visitatori delle collezioni e delle mostre ospitate dal primo al terzo piano attraverso la maggior parte delle finestre lungo i percorsi del museo che affacciano sul cortile. In questo modo, al passaggio, l’installazione sottolineerà che ogni spazio espositivo è, letteralmente e potenzialmente, uno spazio di performance, in quanto coinvolge il corpo di chi guarda, oltre che un dispositivo che apre una visuale per lo sguardo. Le scalette costituiscono una pedana per lo spettatore e un piedistallo per la sua esperienza del cortile, della visione e di una mostra su due livelli.