Piero Gilardi

Piero Gilardi, Documentazione su animazioni politiche, 1969-2013. Courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi e Galleria Guido Costa Project. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Piero Gilardi, Documentazione su animazioni politiche / Documentation of Political Animations, 1969-2013. Courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi and Galleria Guido Costa Project. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Amedeo Benestante.

Il percorso artistico di Piero Gilardi (Torino, 1942) prende avvio nei primi anni sessanta a Torino, dove giovanissimo espone le Macchine del futuro (1963), pionieristiche nell’annunciare l’unione tra arte e nuove tecnologie.
Dal 1965 l’artista produce i primi Tappeti natura, composizioni in gommapiuma che riproducono brani di natura in modo realistico, denunciando l’avanzamento della società industrializzata, e del suo immaginario, a scapito dell’esperienza della natura stessa. Nella scelta di un materiale che stimola la sensibilità tattile diretta, Gilardi pensa inoltre a un nuovo tipo di rapporto con il corpo, con l’arte che diviene un’esperienza insieme mentale e fisica. Questa tipologia di opera (presentata a Napoli, presso la galleria Il Centro nel 1992), con la sua ambigua vicinanza all’arte pop, viene presto abbandonata da Gilardi proprio per il valore di merce che i Tappeti natura hanno acquisito nel sistema dell’arte, e che sempre meno si addice alla matrice e all’evoluzione della sua pratica artistica.
A partire dal 1967 Gilardi compie una serie di viaggi in Europa e in America, che gli permettono di approfondire la conoscenza diretta delle tendenze artistiche delle neo-avanguardie; nel 1968 conia la definizione di “Arte microemotiva” che racchiude le esperienze postminimaliste, allargando la sua attività dal piano pratico a quello teorico. Promuovendo un’idea di arte che assecondi le nuove istanze estetiche e sociali con cui interagisce, Gilardi si fa animatore di situazioni che vedono la proposizione di un modello comunitario in ambito artistico, quali il Deposito d’Arte Presente a Torino e la mostra Arte povera più azioni povere ad Amalfi nell’ottobre del 1968, che rappresentano nuovi modelli espositivi per un’arte che sconfina sempre più nell’azione e nella pratica quotidiana.
Coinvolto pochi mesi dopo nell’organizzazione delle storiche mostre del 1969 When Attitudes Become Form a Berna e Op Losse Schroeven ad Amsterdam, Gilardi è tuttavia costretto a constatare come la sua idea di una comunità autogestita di artisti, senza implicazioni di sistema e di mercato, sia a tutti gli effetti un progetto in parte utopico. Nel suo contributo per il catalogo della mostra olandese Gilardi dà quindi il suo addio alle mostre con l’intento di dedicarsi attivamente alla militanza politica.
Riprenderà l’attività artistica solo dopo il 1981, sostenendo anzitempo l’idea di un’arte “relazionale”, non chiusa nel prodotto-opera ma in dialogo attivo, in una reciproca implicazione, con lo spettatore e il contesto sociale. Nel frattempo, a partire dal 1968 e per tutti gli anni settanta, Gilardi partecipa alle iniziative di collettivi militanti dell’estrema sinistra: prende parte all’allestimento di un atelier populaire sul modello di quelli parigini e collabora alla realizzazione di manifesti murali e opuscoli per il movimento studentesco e le prime lotte operaie autonome, facendo uso di un linguaggio ispirato alla grafica popolare prefascista e dell’immediato dopoguerra.
Negli stessi anni realizza vignette satiriche, spesso su commissione, dando vita alle prime esperienze di fumetto operaio, mentre prende corpo il teatro politico di strada che vede l’incontro della pratica estetica con le manifestazioni e i cortei di protesta, grazie alla comparsa di mascheroni e altri elementi in gommapiuma che, indossati come costumi, danno evidenza plastica alla denuncia di questioni di attualità e si prendono gioco di personaggi della politica e dell’economia.
Tutta la sua attività, dal coinvolgimento nel movimento operaio all’esperienza in qualità di operatore culturale all’interno di istituti di malattia mentale, risponde all’esigenza di fare dell’arte una pratica esistenziale e politica, come Gilardi racconta in prima persona nei suoi libri Dall’arte alla vita, dalla vita all’arte (1981) e Not for Sale (2000) e come dimostra anche l’istituzione a Torino del PAV – Parco d’Arte Vivente, un luogo di incontro e un centro di ricerca, un museo interattivo che pone l’arte al centro di un processo di re-integrazione nella vita attiva, nelle molteplici sfide quotidiane delle comunità contemporanee.

AT

6 Cappelli-Bullone, 1981-2012

Attualmente non esposta.