Judith Hopf

Judith Hopf, Senza titolo, 2013. Courtesy l’artista e Kaufmann Repetto, Milano. In comodato a Madre – museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. | Judith Hopf, Untitled, 2013. Courtesy the artist and Kaufmann Repetto, Milano. On loan to Madre – museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Photo © Amedeo Benestante.

L’artista Judith Hopf (Berlino, 1969) si forma a Berlino negli anni immediatamente successivi alla caduta del muro, in un clima vivace e fecondo grazie al quale la capitale tedesca diventa un centro di attrazione internazionale di artisti e gallerie. La città riunificata si trasforma ogni giorno di più, gli artisti collaborano tra loro e i grandi spazi della Berlino est assumono nuove funzioni. In questo contesto di ritrovata libertà Hopf sviluppa una pratica artistica che incorpora i media più diversi, dall’installazione al video, dalla stampa alla terracotta, spesso aprendo il proprio lavoro alla collaborazione con altri artisti.

L’elemento che accomuna tra loro queste forme espressive sembra essere un punto di vista ironico sulla realtà, un’ironia che l’artista declina a volte in un sentimento amaro, persino pungente, altre in uno sguardo sospeso e poetico. È possibile riconoscere in filigrana la matrice dada e surrealista che caratterizza il lavoro di Hopf non soltanto in questo senso dell’ironia complesso e composito ma, anche, nell’uso che l’artista fa spesso di oggetti quotidiani, presentati attraverso un sovvertimento delle loro funzioni comuni, con lo scopo di proporre un’interpretazione inedita di ciò che è solitamente definito “banale”.

Untitled, l’opera presentata all’interno della collezione, è stata realizzata nel 2013 in occasione della personale che l’artista ha tenuto alla Fondazione Morra Greco di Napoli ed è un esempio di questa prassi artistica. Tre corde si elevano con il movimento avvitato che potrebbe assumere un serpente attratto dalla musica di un incantatore; l’installazione si estende al piano di sopra dove, al contrario, le corde danno l’impressione di trapassare il pavimento. L’opera nasce come parte di un progetto installativo più complesso, in cui l’artista – come spesso accade nel suo lavoro – si è confrontata con le proprietà fisiche e l’identità culturale del luogo espositivo, e per traslato della città di Napoli. La mostra era incentrata sulla contrapposizione tra la dimensione paradisiaca e quella infernale (il sopra e il sotto dell’iconografia cristiano-cattolica) e prendeva spunto da una personale interpretazione della tradizione culturale di Napoli, in cui la celebrazione della vita e l’accettazione della morte coesistono come facce della stessa medaglia.

Prendendo spunto dai supporti in legno ancora presenti a Palazzo Caracciolo, applicati dopo il terremoto del 1980 con lo scopo di supportare la struttura dell’edificio, l’artista ha realizzato una serie di interventi che congiungessero gli spazi tra i piani: ma mentre alcune opere-struttura ricordavano la forma delle impalcature e fungevano da supporti allestitivi per le opere e si estendevano dal pian terreno al primo piano, queste corde sconfinavano come una presenza ironica e surrealmente instabile, evocando inoltre un insieme di stati d’animo e temi che spesso ritroviamo nel lavoro di Hopf, ossia uno stato di costrizione e di imprigionamento da superare, un desiderio di affermazione soggettiva che si insinua nelle strutture del reale e le mina, e una necessità di ribellione e di rottura degli schemi.

AR

Senza titolo, 2013

Attualmente non esposta.