John Henderson

John Henderson, Cast / Calco, 2013. Collezione privata, Milano. Courtesy T293, Napoli. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Maurizio Esposito. | John Henderson, Cast, 2013. Private collection, Milan. Courtesy T293, Naples. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Naples. Photo © Maurizio Esposito.

La ricerca del giovane artista statunitense John Henderson (Minneapolis, 1984) è contraddistinta tanto dall’eterogeneità dei mezzi espressivi utilizzati – pittura, scultura, video, fotografia e performance – quanto da una profonda coerenza concettuale. Il lavoro di Henderson può essere definito un’articolata riflessione sulle componenti linguistiche della pittura, come la materia, il gesto e il supporto, anche quando le opere non implicano direttamente il mezzo della pittura. L’artista fonde tra loro riferimenti alla storia dell’arte moderna e contemporanea e che spaziano dalla convergenza di gestualità e pittura propria dell’Espressionismo Astratto americano alla ricerca sulla materia che contraddistingue l’Informale europeo, fino alla relazione tra azione e fotografia di stampo concettuale che ha caratterizzato l’arte performativa a partire dagli anni Sessanta.

Tra i lavori più iconici fino ad ora realizzati da Henderson vi sono quelli che fanno parte della serie Casts (“Calchi”). In queste opere l’artista realizza superfici pittoriche astratte di matrice fortemente gestuale e materica, delle quali vengono successivamente realizzati calchi in bronzo, ottone o alluminio. Questi materiali assorbono tutte le informazioni visive contenute nel quadro – fatta eccezione per la cromia originale – e ne restituiscono, amplificandola, la densità percettiva utilizzando il linguaggio del bassorilievo. Una volta che i calchi sono stati realizzati, i quadri che li hanno originati sono distrutti. Con questa serie di lavori, visivamente preziosi e concettualmente densi, Henderson esplora temi legati alla memoria e alla temporalità dell’opera, alla trasmissione e alla trasformazione delle informazioni, alla relazione tra l’unicità del gesto pittorico e la riproducibilità della tecnica della fusione, oltre che mettere in gioco uno scambio ambiguo tra immagine e oggetto, pittura e scultura, negativo e positivo, originale e copia. Una volta che il calco è realizzato i colori non sono più visibili: protagonisti diventano il gesto pittorico e gli accumuli di materia, all’interno di una pratica che fonde la tradizione della scultura con la performatività implicita nell’opera pittorica di un artista come Jackson Pollock.
L’opera in collezione è uno degli esemplari più complessi e più rappresentativi di questo ciclo e, nonostante non sia ancora mai stata esposta a Napoli, è stata fusa proprio nel capoluogo campano. Con questi lavori Henderson dimostra di far parte di una generazione di artisti che, a livello globale, sta esplorando le relazioni tra l’immaterialità e la pervasività dell’immagine digitale e le sue molteplici incarnazioni nella materialità e nella percettività dei supporti e dei mezzi analogici. Inoltre, la stratificazione di molteplici dimensioni – tanto formali quanto concettuali – che quest’opera rivela la mette in dialogo con le altre opere presenti in questa stessa sala, le quali esplorano, a loro volta, il linguaggio della pittura astratta e figurativa come uno spazio in continua trasformazione, un palinsesto di memorie in cui processi, materiali e immagini sono colti in uno stadio di metamorfosi quasi alchemica.

AR

Casts,

Attualmente non esposta.